Il liceo classico a rischio di estinzione? A “brindare” è solo la sinistra…
Non sappiamo proprio cosa ci sia da gongolare da parte del settimanale L’Espresso nel constatare in un’inchiesta che «il liceo classico è in via d’estinzione»: nel 2013 lo hanno scelto solo 6 ragazzi su 100, si legge nell’anticipazione del nuovo numero del settimanale. Una crisi senza scampo: in tutta Italia tra pochi giorni entreranno in quarta ginnasio 31mila “quartini” – come gli studenti degli ultimi anni definiscono i piccoli che intraprendono il quarto Ginnasio – meno della metà degli oltre 65mila del 2007. Il minimo è stato toccato in Emilia Romagna, con il 3,5 per cento di nuovi iscritti al Classico; solo nel Lazio il livello resta alto con 9,7 per cento di matricole. A Milano persino il Manzoni e il Parini accusano il colpo. Ma perché i ragazzi abbandonano la scuola che un tempo formava la classe dirigente? Gli adolescenti – spiega il settimanale – scappano verso materie più concrete. Via il greco e il latino. Benvenuti spagnolo, tedesco, cinese: il Linguistico infatti è in pieno boom di iscrizioni, raddoppiate rispetto al 2009 fino a toccare 8,4 per cento dei nuovi iscritti. Stabile lo Scientifico. Non se ne può più, ancora con lo stereotipo della concretezza, delle lingue morte o vive? Ancora c’è chi fa la classifica tra scuole utili o inutili, tra materie scientifiche e umanistiche? Evidentemente sì, se una certa impostazione di sinistra ne fa una questione di aut aut: “viva il cinese, abbasso il greco”, viva la matematica e gli istituti tecnico-scientifici, abbasso il Classico. Per noi – e per fortuna siamo in molti – è una cattiva notizia che il Classico per quest’anno segni il passo, ma ancor di più dispiace vedere veicolati ragionamenti che sono smentiti dalla realtà dei fatti. Anzitutto, la cultura vera dove mirare alla composizione dei saperi, non alle divisioni. Non è un caso che la maggior parte di ingegneri e medici venga dal classico. Chi lo frequenta molto spesso abbina sua sponte o tramite corsi che la scuola mette a disposizione – si accumulano crediti formativi buoni per fare punteggio alla maturità – corsi di spagnolo, tedesco e (in alcune scuole) cinese. I licei classici nel disastro della scuola pubblica sono le poche isole felici che mettono ancora a disposizione risorse ed energie per queste materie di completamento. Chi caldeggia altre scelte – dignitosissime – purtroppo non sa quale sia la realtà italiana: cosa resta dei saperi tecnico-scientifici, se le risorse per i laboratori sono state dimezzate? Lo sanno all’Espresso che i corsi di informatica senza computer sufficienti sono una presa in giro? Tutta questa retorica sulla “praticità” delle scuole “utili” esiste solo sulla carta. Viene il sospetto che plaudire al rischio estinzione del Classico nasconda qualche vizietto ideologico che ha radici antiche in una vecchia contrapposizione di classe: da un lato i benestanti, figli di papà, che possono permettersi studi successivi lunghi all’Università e quelli meno abbienti che si indirizzano subito verso studi “pratici” ed immediate prospettive di lavoro ( ma quali?…). In epoca più recente dobbiamo ai ministri Luigi Berlinguer e Tullio De Mauro la sudditanza verso il sapere scientifico che anno dopo anno ha rosicchiato ore al greco. Lo sanno che al liceo Greco e Chimica hanno lo stesso numero di ore? Plaudire al boom del linguistico va bene, ma va detto che i tanto ambiti cinese, arabo, russo, non sono materie curriclari, non ci sono insegnanti in graduatoria. Studiare spagnolo, inglese e francese e utile, ma già il tedesco è parlato quasi solo in Germania… E poi chissà perché anche al Linguistico c’è il Latino? Lo studio, non solo prettamente mnemonico, dell’analisi logica, delle declinazioni, delle coniugazioni, dei paradigmi e, infine, la traduzione della «versione» obbligano (e poi abituano) la mente ad uno studio analitico, prima, e sintetico, poi, del problema, che, per la sua profondità ed esaustività, non ha pari altrove ed è replicabile in ogni ambito, anche e soprattutto scientifico. Insomma, si studia il Greco e il Latino non per andare in Grecia, ma per imparare ad usare la testa.