In autunno ci saranno parecchi fantasmi a battere l’uscio del governo
La chiamano clausola di salvaguardia. Una sorta di assicurazione sulla governabilità futura del sistema politico italiano, ridotto a pezzi dal Porcellum. Una “clausola” che prima si fa e meglio è per tutti. In fondo, tra le priorità che hanno portato alla costituzione del governo Letta c’è la riforma del sistema elettorale. Con un Paese che da bipolare è diventato tripolare e che ha visto ampliarsi, fino all’inverosimile, l’area del non voto non c’è altra soluzione. Tergiversare sul punto significa non aver recepito i segnali fin troppo chiari provenienti da un elettorato deluso dalla politica, frastornato e spaesato. Perdere altro tempo serve solo a rendere la situazione più complicata. Le nubi che si stanno addensando all’orizzonte minacciano tempesta e grandine, un uragano che mette a rischio la tenuta dell’esecutivo. Non ci vuole molto a capire che il batti e ribatti sulla questione dell’Imu indica un terreno di scontro tra Pd e Pdl dal quale non sarà facile uscire indenni. Delle due l’una: o si trova, come auspica il presidente del Consiglio, facendo gli scongiuri, una sintesi tra posizioni ancora molto distanti fra loro, oppure su quel terreno si consumerà la deflagrazione dell’attuale maggioranza.
Appare evidente che il problema è politico. Totalmente politico. Non solo perché l’argomento è stato al centro di una campagna elettorale, peraltro parca di proposte nuove per il Paese. Dal che si deduce che non sarà facile per il Pdl rinunciare a questo cavallo di battaglia, dopo che sul tasto dell’Imu, Berlusconi ha messo la faccia e premuto non poco. Incide, quest’argomento, ancor più sul piano politico per la semplice ragione che, dopo la sentenza della Cassazione e la improvvida intervista al Mattino del giudice che quella sentenza ha letto di fronte a milioni di spettatori di tutto il mondo, la matassa si è aggrovigliata a tal punto da diventare persino lecito per la forza politica che ha reso possibile la nascita stessa dell’attuale governo preservare un’arma di interdizione in vista di un possibile ravvicinato ritorno alle urne. Si badi, giudicare la questione Imu unicamente come un semplice tatticismo è sbagliato. Ci sono ragioni più che evidenti nel chiederne l’abolizione, almeno per i proprietari della prima casa. Berlusconi le ha riassunte denunciando insieme il carico eccessivo che tale balzello comporta sulle famiglie italiane , comprimendo la loro capacità di consumo, e il crollo spaventoso del settore edilizio, che, da che mondo è mondo, ha sempre fatto da traino alla ripresa dell’economia. Dati alla mano, è difficile dargli torto. Da qualche parte bisognerà pur cominciare se davvero si vuole abbassare la pressione fiscale, restituendo equità e ridando fiato alle famiglie.
Peraltro, al di là degli annunci di una leggera ripresa della economia nell’Eurozona, sono giunti ad offuscare le prospettive i dati sullo stato di convergenza dei 17 Paesi che hanno adottato la moneta unica. L’analisi della Oxford Economics misura, nel decennio, l’accentuarsi del discostamento da area ad area, da Stato a Stato. Con la zona mediterranea che registra una accentuazione del divario rispetto alle economie del Nord soprattutto sul piano strutturale. Se i livelli di inflazione sono rimasti più o meno uguali per tutti, il Pil pro-capite ha seguito traiettorie diverse. In Grecia , tra il 2007 e il 2013, è diminuito dell’88% della media europea al 66%. In Spagna è sceso dal 92 all’88%. In Italia dal 93 all’87% (che diventa il 98 % se il dato lo si riferisce a tutta la Ue invece che alla sola Eurozona). Da qui al 2018 le previsioni , peraltro, non sono rosee. L’istituto britannico prevede ulteriori flessioni del Pil pro-capite in Italia e Spagna, ma anche in Olanda e Francia. Mentre la Germania e la Finlandia continueranno a guadagnare posizioni. Il disallineamento è maggiore soprattutto nei tassi di disoccupazione. Grecia, Spagna e Portogallo fanno da battistrada in questa corsa verso il precipizio. Ma l’Italia, quanto a giovani disoccupati e donne senza lavoro, non sta certo meglio. Per non parlare delle condizioni in cui si trovano cassintegrati, esodati e categorie varie esposte al vento di una crisi che sta polverizzando settori importanti del manifatturiero e del commercio.
Insomma, questi dati dimostrano una sola cosa. L’idea di una Unione , che, con l’euro, riuscisse a far convergere le diverse economie dei Paesi europei orientandole verso un ciclo virtuoso e duraturo, è fallita. Fallita al cospetto della Grande Crisi. Fallita perché , evidentemente, sono state, fin dall’inizio, trascurate portata e incidenza delle oggettive diversità di partenza esistenti, sulle quali la spinta alla convergenza avrebbe dovuto operare. Ora, immaginare che una politica monetaria unitaria sia valida per tutti, per chi cresce e chi sta in recessione, è fuori dalla realtà. Un problema enorme. Per noi, vitale. In autunno, a battere all’uscio del governo non ci sarà, quindi , soltanto l’Imu, ma anche questo tremendo problema. Allora sì, che non ci sarà più tempo per riflettere. I partiti dovranno assumere decisioni. Gli slogan serviranno a poco. Prepariamoci. La “clausola di salvaguardia” ci metterebbe almeno al riparo dalla indecenza di una nuova, insopportabile, ingovernabilità. Per non dire altro.