La guerra siriana si estende in Libano: al Qaeda si schiera con i ribelli, Hezbollah con Assad
Tra tentativi di far scivolare il Libano nel baratro della guerra civile a sfondo confessionale e sforzi per mantenere una coesione nazionale almeno di facciata, il porto settentrionale di Tripoli, teatro venerdì di un sanguinoso duplice attentato dinamitardo, sta vivendo in un’atmosfera di tesissima calma. Mentre su Twitter il sedicente ramo nordafricano di al Qaeda ha accusato il movimento sciita libanese Hezbollah di essere dietro agli attacchi che sono costati la vita a decine di persone. A Tripoli, roccaforte dell’islam sunnita radicale 90chilometri a nord di Beirut e solidale con la rivolta siriana contro il regime del presidente siriano Bashar al Assad, si sono svolti in maniera privata i numerosi funerali delle vittime delle due esplosioni avvenute nel venerdì di preghiera islamica, di fronte a due moschee molto affollate. Secondo fonti della sicurezza il bilancio è di 45 uccisi e 800 feriti, mentre il premier dimissionario Najib Miqati, originario di Tripoli e la cui residenza privata si trova a pochi centinaia di metri dal luogo di uno dei due attentati, ha parlato di 35 morti. Il bilancio è comunque destinato a salire, visto che un centinaio di feriti sono – ha detto Miqati – in gravissime condizioni. In tutto il Libano è stato decretato il lutto nazionale e a Tripoli l’esercito è stato dispiegato in modo massiccio in diversi quartieri della città, dove da anni e periodicamente si verificano scontri armati tra fazioni rivali da decenni e il cui violento confronto si è radicalizzato in contemporanea all’inasprimento della guerra nella vicina Siria. Oltre a blindati, ai carri armati e alle pattuglie dell’esercito di Beirut, nella principale città del nord del Libano nella notte erano spuntati anche posti di blocco informali, eretti da non meglio precisati miliziani. In questo clima incandescente, ha gettato benzina sul fuoco l’attacco verbale, la cui autenticità è stata verificata solo dal sito di monitoraggio americano Site, da parte dell’ala nordafricana di al Qaeda (Aqmi) rivolta al movimento sciita libanese. «È stato un attacco vile, (gli Hezbollah) devono sapere che ci sarà una rappresaglia presto», si legge nel comunicato. La settimana scorsa, una trentina di persone erano state uccise da un’autobomba nella periferia sud di Beirut, roccaforte proprio degli Hezbollah, da oltre un anno coinvolti nel conflitto siriano a fianco delle milizie di Assad e contro i ribelli. A tentare di riportare la calma ci hanno però pensato diversi leader nazionali e locali. Il presidente Michel Suleiman ha tenuto un discorso televisivo alla nazione, mentre Hezbollah ha organizzato un sit-in popolare a Beirut in solidarietà delle vittime degli attentati di Tripoli. Anche il premier dimissionario Miqati, che guida un governo in cui il movimento sciita svolge ancora un ruolo da protagonista, ha provato con le parole a serrare le fila di un Paese sempre più diviso sul terreno. «Coloro che sono responsabili per l’attentato nella periferia sud di Beirut (contro Hezbollah) sono gli stessi che sono responsabili degli attentati a Tripoli», ha detto.