La sinistra dà il peggio di sé (anche) sull’Imu: lotta di classe e sudditanza alla Merkel
Pescano a piene mani nel loro repertorio ideologico per giustificare la voglia matta di stangare chi ha il privilegio di aver acquistato casa. E lo mettono in campo con un linguaggio tratto dalla vecchia sinistra, quello che serviva negli anni Settanta a esaltare i compagni duri e puri, pugni chiusi e bandiere rosse, lotta contro il “padrone” e i topi nelle fogne. «Voler di fatto cancellare l’Imu – esordisce Susanna Camusso, a capo del sindacato più ancorato alle passate logiche operaistiche – ancora una volta vorrebbe dire togliere ai redditi fissi per dare ai ricchi». Non si sa in quale epoca stia vivendo la leader della Cgil. Forse nessuno le ha spiegato che siamo nel 2013, la stragrande maggioranza degli italiani, per acquistare casa, ha contratto mutui spesso esosissimi e deve pagare rate mensili che incidono parecchio sul bilancio familiare. «L’Imu va abbassata ma solo a chi non può pagare», dice a sua volta Guglielmo Epifani, come se fosse un reato aver risparmiato, con sacrifici, quel tanto che consente di aggiungere ai mutui anche il pagamento della tassa, col rischio poi di rimanere con il portafogli vuoto. Il gioco di parole del leader del Pd serve solo a dare un’immagine (offuscata) di un partito vicino alla gente che non ce la fa. Ma è un boomerang perché la società – da decenni – non è divisa più in ricchi e poveri, ci sono tantissime fasce intermedie che stanno vivendo una crisi enorme, con le famiglie che si arrabbattano per mandare i figli a scuola. È un gravissimo errore sottoporre tutti a una nuova cura “lacrime e sangue”, di cui abbiamo già visto gli effetti con la nefasta stagione di Monti. Interessante la lettura che dà Fabrizio Cicchitto: «Che il ministro dell’Economia metta in giro carte» per dimostrare che sarebbe sbagliato eliminare l’Imu può avere tre ragioni. La prima: «forze burocratiche annidate in quel ministero che giocano un ruolo restrittivo in linea con la linea disastrosa della Germania». La seconda: l’esistenza di «un settore del Pd che vuole la crisi di governo». La terza: «Che Saccomanni non sia all’altezza del suo ruolo». Probabilmente una ragione non cancella l’altra. È evidente che una certa sinistra continua a volersi inginocchiare alle logiche della Merkel, così com’è evidente che nel Pd ci sia chi gioca allo sfascio. Non a caso riemerge l’ideologia vecchia maniera e l’accenno alla lotta di classe, concetto disperso dal secolo scorso. Quanto a Saccomanni, ai posteri l’ardua sentenza.