Marco Cappato, il radicale che evoca a sproposito il fascismo
Se un Pinco Pallo di consigliere comunale grillino pensa di uscire dall’anonimato scagliandosi contro un insigne scienziato, qual è secondo voi la risposta giusta? Uno gli dà del carneade frustrato o della pulce insignificante e il discorso finisce lì. Se però il censore del censore è un altro in cerca di visibilità, il minimo che può accadere è che si aggiunga scemenza a scemenza. Così Marco Cappato, radicale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, non ha trovato niente di meglio da fare che dare del fascista a un consigliere comunale pentastellato di Sarzana per il fatto che questi si è opposto, in nome dell’ideologia animalista, alla presenza di Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, al Festival della Mente che si tiene nella sua città. Vale la pena in proposito ricordare che Garattini è criticato dal movimento antivivisezionista per la sua posizione sulla sperimentazione sugli animali. Ma non questo il punto che ci interessa. Quello che ora ci interessa (e che ci fa ridere) sono le parole di Cappato. Riferendosi al consigliere pentastellato, parla di «comportamento in perfetto stile fascista» E ancora: «I comportamenti fascisti sono e rimangono tali anche quando i protagonisti sono a 5 stelle e si vorrebbero animalisti». Se non avessimo sott’occhio il calendario, penseremmo di trovarci, non non nel 2013, ma nel 1973, o anche più indietro negli anni, al tempo degli intellettuali con l’eskimo o dei salotti radical chic. Cappato ha in più l’aggravante di essere nato nel 1971, per cui, quando furoreggiava l’antifascimo militante, lui girava con il passeggino e giocava con le paperelle. Il suo non è infatti un riflesso condizionato, ma proprio un difetto di formazione e un sessantottismo da mercato delle pulci.
Poi, fortunatamente, non viviamo più nel clima plumbeo e canagliesco di 40 anni fa. Però la propensione a sparare parole grosse perché non si riescono a trovare le parole giuste rimane forte. E vale naturalmente la pena di precisare che lo stesso discorso vale per chi scomoda a sproposito il comunismo. Lasciamo le parole della guerra civile a un passato di tragedie, ed evitiamo di fare inutilmente rivivere tale passato nelle minutaglie della polemica quotidiana. Così non diventeremo mai un Paese normale ma rimarremo sempre il solito circo equestre animato da scimpanzé, bertucce e foche ammaestrate. Con buona pace degli animalisti.