Ottanta anni fa Drieu scrisse “Lo strano viaggio”, affresco di una tormentata epoca di decadenza

31 Ago 2013 16:43 - di Redazione

Ottanta anni fa Drieu La Rochelle pubblicava con Gallimard Lo strano viaggio (Drole de voyage), tradotto in Italia da Alfredo Cattabiani nel 1971 e riproposto di recente dall’editore Passigli. Così Moreno Marchi presenta il romanzo nel suo Drieu La Rochelle. Una bibliovita (Settimo Sigillo): «Ecco di nuovo Gille, ancora senza la s finale, Gambier, affascinante personaggio che nel corso di una vacanza presso alcuni amici conosce Béatrix, giovane ricca inglese della quale si infatua. La ragazza lo contraccambia e i genitori si dimostrano favorevoli ad un eventuale matrimonio tra i due. Intanto la famiglia si trasferisce presso la propria residenza invernale spagnola, a Grenada, dove Gille, animato dai migliori propositi, la raggiunge. Una volta lì però, preda dell’indecisione egli fugge e ritorna a Parigi, riprendendo la sua vita di cinico, nonchalant donnaiolo. Ma alla fin fine anche l’adulterio con i suoi conseguenti sotterfugi e sensi di gelosia, lo disgusta, non gli rivela che l’ennesimo aspetto di una società senza più valori né credenze, ormai inerme preda della decadenza».

Il romanzo riprende i temi di Fuoco fatuo (1931), romanzo ispirato alla tragica fine dello scrittore Jacques Rigaut ma anche affresco di un’epoca tormentata di cui Drieu La Rochelle fu interprete e cantore. Lo strano viaggio è breve e conciso, “viaggio dell’indecisione e dello spaesamento” in un mondo che “decomponendosi decompone”. «Un viaggio – scrive ancora Marchi – già ambiguo e misterioso nello stesso titolo: drole, ovvero? Divertente, spassoso? Oppure strano, oppure sfasato?». Un viaggio in ogni caso «che va senz’altro annoverato tra i più riusciti di Drieu La Rochelle». Il romanzo è dedicato a Victoria Ocampo, che così descrisse lo scrittore francese: «La bocca dalle labbra carnose, imbronciate, era infantile nel sorriso, il viso piuttosto rotondo; le mani lunghe e fini sembravano fatte per lasciar scivolare tra le dita la preziosa, sfuggente sabbia della vita e delle passioni, senza alcun tentativo per trattenerle».

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