Quel giorno del 1973 a Montjuich, quando l’eterno secondo Gimondi divenne campione del mondo

31 Ago 2013 16:52 - di Antonio Pannullo

L’anno scorso di questi tempi ha festeggiato i suoi settant’anni e il 2 settembre prossimo festeggia i quarant’anni della sua più grande vittoria, il mondiale di ciclismo di Spagna del 1973 che fu, per sua stessa ammissione una vittoria che valse una carriera. Sì perché Felice Gimondi, bergamasco di Sedrina, sulla sua strada, e non solo in senso metaforico, ha incontrato il più grande ciclista di tutti i tempi, il cannibale Eddy Merckx, come Fiorenzo Magni che dovette emergere avendo tra i pedali gente come Coppi e Bartali. Ma Gimondi ha fatto della difficoltà un’opportunità, perché forse non sarebbe diventato uno dei protagonisti internazionali del ciclismo se non avesse avuto a che fare con questo mostro fiammingo. Lo stesso Gimondi ha detto più volte che Merckx non solo era il più forte di tutti, ma proprio che non era alla portata di nessuno. Però qualche volta Felix De Mondi, come lo aveva soprannominato Gianni Brera, glie le ha suonate, appunto come quella volta vicino Barcellona, nell’ostico percorso di Montjuich. Dove peraltro fu ancora Merckx il protagonista. Ma andiamo con ordine. Alle cinque della sera, come dice Garcia Lorca, faceva ancora caldissimo sul circuito spagnolo. Nonostante un sasso lanciato dalle ruote degli altri concorrenti l’avesse ferito al ginocchio nelle prime battute di gara, il belga riuscì a recuperare tutti e all’undicesimo dei diciassette giri da compiere attaccò, staccando un gruppetto formato dallo stesso Gimondi, Perurena, l’italiano Battaglin, Ocana, Zoetemelk e il fortissimo nonché astro nascente Freddy Maertens. Il quale però, tentando di tirare la volata al cannibale, partì troppo presto, Gimondi vide che Merckx non pedalava come al solito, e capì che quella era l’occasione della sua vita. Li batté tutti in volata. C’è da dire che pochi, anche tra i suoi tifosi, avrebbero scommesso su quella vittoria, perché quell’anno non era andato gran che bene per la punta di diamante della scuderia Bianchi-Campagnolo. E poi aveva 31 anni. Ma con un supremo sforzo di volontà ce la fece, consegnando il suo nome tra quelli dei ciclisti più forti di tutti i tempi. E quel giorno l’eterno secondo divenne primo. Gimondi è stato uno dei cinque corridori ad aver vinto la “tripla corona”, ossia i tre grandi giri, il Tour de France, il Giro d’Italia e la Vuelta a Espana. Fu la 103ma vittoria della sua carriera, carriera che lo vide professionista dal 1965 al 1979, anno del ritiro. Fu una impagabile rivincita sul cannibale, che l’aveva battuto al mondiale due anni prima, e solo da pochi mesi il belga si era imposto anche al Giro d’Italia, lasciando a Felice il secondo posto. E tutto cominciò con il regalo per la promozione in quinta elementare, all’età di 9 anni: i genitori gli comprarono un’Ardita rossa. Dalla quale non sarebbe più sceso.

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