Cercasi leadership. Ma la svolta potrebbe avvenire grazie alla crisi del centro
La ripresa dei lavori parlamentari quest’anno si prospetta più infuocata che mai, con le istituzioni alle prese con lo spinosissimo caso della decadenza di Berlusconi e le coalizioni di partiti costrette a fare i conti con la fine della cosiddetta Seconda Repubblica. In particolare questo secondo elemento sta mettendo in fibrillazione le aree del panorama politico, consapevoli di dover trovare in fretta un nuovo assetto ed una nuova leadership. Escluso Grillo, che può restare in campo con la stessa formula sia perché più fresca delle altre sia perché dichiaratamente non alleabile, gli altri tre protagonisti della contesa devono trovare in fretta una soluzione ai loro problemi, anche per stemperare le tensioni interne ai partiti che stanno per rivelarsi eccessive.
Il Partito democratico è oggi quello più esposto alle turbolenze interne. Ieri il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha formalmente lanciato l’opa sul partito e girando di festa in festa miete consensi tra la base grazie alla novità che incarna. Parallelamente comincia a sedurre pezzi di apparato, soprattutto al Sud dove con le battaglie di opinione si riscuotono pochi consensi. L’aggressività con cui Renzi è in campo per la segreteria e poi per Palazzo Chigi spaventa non poco notabili e correnti, pronti ad allungare la vita della legislatura ad ogni costo per preservare Enrico Letta e per logorare il primo cittadino fiorentino. A Largo del Nazareno c’è quindi tanta tensione e se a questo si aggiunge il dilemma sul voto della decadenza di Berlusconi il rischio della tempesta perfetta si fa concreto. Da un lato, infatti, il presidente Giorgio Napolitano (attraverso le aperture di Luciano Violante e Umberto Ranieri) preme per dare un po’ di tempo a Berlusconi con qualche escamotage, nella speranza che arrivi prima la magistratura a dichiararlo decaduto, così che l’omicidio politico del Cavaliere non avvenga per mano politica. Dall’altro chi conosce bene la base democratica sa che se il Pd dà solo l’idea di essere disponibile a salvare Berlusconi dalla decadenza rischia di pagare un prezzo altissimo con un travaso di voti verso Grillo che potrebbe aprire una crisi irreversibile.
Se il Pd piange il Pdl certo non ride. I sondaggi non vanno per niente male, ma le divisioni interne cominciano a farsi sentire nonostante il Cavaliere sia ancora in condizioni di annacquare tutto e tutti. Ovviamente tutto potrebbe prendere una piega diversa nelle prossime settimane se Berlusconi fosse convinto dalle colombe a dimettersi, accettare la sentenza e chiedere la commutazione della pena. Con Berlusconi fuori gioco il Pdl dovrebbe porsi in fretta il problema della leadership, dirimendo contemporaneamente la vertenza interna tra falchi e colombe ed individuando un candidato premier appetibile mediaticamente e politicamente almeno quanto Renzi. A chiudere il cerchio ci pensa l’ultima coalizione in campo, quella guidata da Mario Monti alle scorse elezioni. Gli ultimi stracci volati tra Udc e Scelta Civica dimostrano non solo il fallimento del progetto terzopolista, ma anche l’impossibilità oggettiva a riproporlo in caso di elezioni anticipate. Questo riporta la competizione a com’era prima, a parte Grillo e la sua campagna anti-sistema. Ma potrebbe essere proprio la crisi del centro la novità di un ipotetico voto anticipato, perché la debolezza e le divisioni di quest’area costringerebbero Monti e Casini a scegliere prima se stare con Renzi o con il candidato berlusconiano, con il risultato-beffa che alla fine proprio i più deboli potrebbero decidere il vincitore delle elezioni.