Cinque anni fa il fallimento della Lehman Brothers: lo tsunami che ha cambiato le nostre vite (in peggio)

13 Set 2013 20:05 - di Aldo Di Lello

Cinque anni fa, era il 15 settembre, alcune foto fecero il giro del mondo simboleggiando  un cambiamento di epoca. Erano le immagini di alcuni impiegati di Wall Street con gli scatoloni mano. La banca d’affari presso cui lavoravano era fallita da poche ore e i poveri travet si ritrovavano già in mezzo a una strada. Quella banca si chiamava Lehman Brothers e fino ad allora era conosciuta solo dagli addetti ai lavori, almeno in Europa. Ma era la quarta banca d’affari americana e il suo fallimento provocò uno tsunami economico-finanziario di proporzioni apocalittiche. Di lì a qualche mese, Lehman Broters l’avrebbero conosciuta in tutto il mondo perché lo “tsunami” provocò la distruzione di milioni di posti di lavoro. E da allora siamo entrati nel tunnel di una crisi che è parsa a lungo senza sbocco, dal momento che parliamo della più grave recessione economica dal dopoguerra ad oggi. E dalla quale, purtroppo, l’Italia non è ancora uscita.

Ma come è stato possibile? Sull’argomento, sono state scritte in questi anni intere biblioteche. Ma, quello che desta preoccupazione, è che il problema  della fragilità del sistema finanziario globale non è stato sostanzialmente risolto.  E lascia indubbiamente riflettere  il fatto che la maggior parte dei protagonisti di quel crac, come ha scritto nei giorni  scorsi il Corriere della Sera,  l’ha fatta franca. «Pochi processi, multe irrisorie: il grande scandalo per molti di loro è diventata una pensione dorata, grazie a buone uscite milionarie». È un paradosso  particolarmente rappresentativo di una delle grandi assurdità della recessione più lunga dal dopoguerra: una parte del ceto medio s’è avvicinata alla soglia di povertà; tanti poveri sono diventati disperati; i più spregiudicati protagonisti della finanza – i primi responsabili del disastro – sono diventati sempre più ricchi. Ma non si tratta solo di una questione di (in)giustizia sociale. È che  i meccanismi perversi possono sempre rimettersi in movimento. Perché nessuno ha fatto pulizia né ha cambiato le regole di un sistema che ha moltiplicato i farabutti. E non è una parola esagerata. Come definireste voi gente (i dirigenti di piccole banche americane) che concede mutui a persone che non possono permetterseli e che poi li rivende a un terzo soggetto trasferendogli così il rischio dell’insolvenza ? E come definereste questi terzi soggetti (come appunto Lehman Brothers) che poi rivendono ad altri soggetti  questi crediti farlocchi come garanzie di obbligazioni? E come definireste tutti i protagonisti di passaggi che inquinano l’intero sistema fino a compromettere l’innocente sottoscrittore di titoli? Noi li definiremmo truffatori legalizzati? E voi? Il problema è che, se i truffatori sono stati scoperti (senza però espiare la colpa), le “fabbriche” della truffa non sono state smantellate.

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