Gli svizzeri dicono “no” al burqa in pubblico. Che cosa commenta la sinistra nostrana?
Netta vittoria del “partito anti-burqa” in Ticino. Chiamati alla urne, gli elettori del Cantone svizzero italofono hanno approvato con una schiacciante maggioranza del 65% un’iniziativa per iscrivere nella costituzione cantonale il divieto di dissimulare o nascondere il proprio viso nei luoghi pubblici. La Confederazione elvetica è spesso additata dalle sinistre nostrane come esempio di democrazia, di diritti civili, di politicamente corretto. Chissà ora cosa penseranno i nostri “sinceri democratici” della scelta dei ticinesi, peraltro presa in assoluta libertà. In Italia altrettanta libertà di scelta per la popolazione non c’è: qui si deve solo subire l’immigrazione incontrollata magari salutandola anche con gioia. In una giornata di votazioni e referendum in tutto il Paese, gli svizzeri hanno poi bocciato un’iniziativa degli anti-militaristi per l’abolizione dell’obbligo di leva, che invece viene mantenuto. In Ticino, il testo anti-burqa promosso dal movimento “Il Guastafeste” e appoggiato dalla maggior parte dei partiti, è stato accettato dal 65,4% dei votanti. Anche un controprogetto elaborato dal parlamento locale, che proponeva di iscrivere la nuova norma non nella costituzione, ma nella legge sull’ordine pubblico, è stato approvato, ma con circa il 60% di ”sì”. Il testo anti-burqa afferma letteralmente che «nessuno può dissimulare o nascondere il proprio viso nelle vie pubbliche e nei luoghi aperti al pubblico (ad eccezione dei luoghi di culto) o destinati a offrire un servizio pubblico». Il Ticino diventa così il primo cantone svizzero a mettere al bando burqa e niqab. L’esito del referendum è stato commentato dal vicepresidente del consiglio comunale milanese Riccardo De Corato, secondo il quale mentre gli svizzeri bocciano il burqa, «a Milano non si perde occasione per introdurre il tema della grande moschea, quando si sa che non ce n’è bisogno. Sull’esempio del Ticino – ha proposto l’esponente di Fratelli d’Italia – qualsiasi decisione sulla costruzione della moschea non può prescindere da un referendum nel quale i milanesi dicano la loro».