Il patriarca sud-tirolese Durnwalder lascia la politica con uno “scivolone” sul tricolore da ammainare
Si avvicina l’addio alla politica dello storico governatore della Provincia autonoma di Bolzano, Luis Durnwalder, dopo un quarto di secolo. Domani il congresso della Swp alla vigilia delle elezioni provinciali che si terranno il 27 ottobre segnerà l’uscita di scena del patriarca anti-italiano. Con primarie interne, il partito dei sudtirolesi ha da tempo deciso quale sarà il successore: Arno Kompatscher, 30 anni più giovane del governatore, definito il “sindaco dell’Alto Adige” perché guida il consorzio che unisce le 116 municipalità del Sudtirolo.
L’uscita di scena di Durnwalder, che guida una giunta formata dalla Svp insieme al Pd, non sarà pianta dalla comunità italiana troppo spesso schiaffeggiata dalle sue iniziative nel quasi assoluto silenzio della stampa. Fece scalpore il braccio di ferro con Napolitano per il suo secco «no» ai festeggiamenti per i centocinquant’anni dell’unità, a suo dire «estranei ai sentimenti della popolazione (in minoranza) di lingua tedesca. L’ultimo scandalo che ha suscitato una levata di scudi trasversale risale a qualche giorno fa con il voto della Svp e della destra filo-tedesca di una delibera che toglie i toponimi italiani dalle strade e invita a eliminare il tricolore che sventola sui rifugi alpini gestiti dal Cai. Un provvedimento che oggi registra una dura presa di posizione del ministro Graziano Delrio. «Il tricolore è la bandiera dell’Italia di oggi, che guarda verso l’Europa e in cui tutte le culture si possono sentire a casa. Vorremmo che nei rifugi su suolo italiano si continuasse a esporla». Sprezzante la risposta di Durnwalder: «Le parole di Delrio mi ricordano che tempo fa già qualcun altro aveva detto che il tricolore avrebbe dovuto sventolare davanti ad ogni stube contadina del Sudtirolo. Ricordo che quella, allora, fu l’occasione di farci qualche risata…». Il riferimento è a Michaela Biancofiore, da sempre considerata fra i più strenui difensori dell’italianità dell’Alto Adige. «Quella sulla toponomastica bilingua è una polemica che dura da anni, una telenovela infinita che ha fatto litigare Bolzano con Roma, Roma con Vienna e gli stessi politici altoatesini. Claudio Sartori, presidente della commissione Rifugi del Cai, ha vissuto come una pugnalata alle spalle il voto della Svp contro i nomi italiani e il tricolore nei rifugi. «Il presidente Luis Durnwalder ha voluto salutarci a modo suo. Probabilmente è la sua reazione alla mancata cessione alla Provincia del rifugio Bolzano». Sul tricolore Sartori è gelido: «Il Cai non è una associazione nazionalista. La presenza del tricolore ha una funzione precisa: indica che il rifugio è aperto. Lo affianchiamo alla bandiera provinciale e a quella europea, una sensibilità che altri non dimostrano ». Sul fronte politico la protesta è trasversale. Giorgia Meloni ha presentato una mozione con la quale chiede al governo Letta di non ritirare il ricorso alla Corte costituzionale contro la legge della Provincia autonoma di Bolzano che delega alle realtà comprensoriali le decisioni sulla microtoponomastica. Alberto Sigismondi, di Fratelli d’Italia, commenta: «Quando finirà questa anacronistica sceneggiata sui nomi da togliere e su quelli da mantenere? Sarà mai possibile arrestare la lenta ma inesorabile marcia dedita alla cancellazione dei più riferimenti per il gruppo linguistico italiano?». Anche Sel accusa: «Si tratta di un testo illegittimo ai sensi dello Statuto ed è necessario che rimanga lettera morta.