Pdl a rischio scissione. C’è chi pensa a un’altra formazione “diversamente berlusconiana”
Il rischio di scissione è dietro l’angolo. L’accelerazione a sorpresa di Berluconi con il ritiro della delegazione dei ministri rompe i fragili equilibri del Pdl proprio alla vigilia della nascita della nuova Forza Italia. La momentanea vittoria dei falchi, degli “estremisti”senza se senza ma, Santanchè, Verdini, Bondi, che hanno spinto il Cavaliere a rovesciare il tavolo, suscita la reazione forte delle “colombe” che non intendono assecondare al buio la deriva del tanto peggio tanto meglio, quella che chiamano la riedizione di Lotta Continua. Il primo a sfilarsi è Gaetano Quaglieriello che dice chiaramente di pensare all’ipotesi di dare vita a una nuova formazione «dove sia possibile essere diversamente berlusconiani». La definizione è di Angelino Alfano, ancora sotto choc per la telefonata di sabato pomeriggio con la quale l’ambasciatore Ghedini lo informava della decisione delle dimissioni. «Sono leale, ma non fedele», dice decretando la morte prematura della riedizione di Forza Italia così come è stata disegnata dagli ultrà del partito, «non possono prevalere posizioni estremistiche estranee alla nostra storia. Se prevarranno quegli intendimenti, il sogno di una nuova Forza Italia non si avvererà. So bene che quelle posizioni sono interpretate da nuovi Berlusconiani ma, se sono quelli i nuovi berlusconiani, io sarò diversamente berlusconiano».
Le critiche si incentrano soprattutto contro il dirigismo del partito, «la decisione di lasciare il governo si sarebbe dovuta prendere insieme, magari nell’ufficio di presidenza del partito», dice Quagliariello. Per il ministro per le Riforme le dimissioni dei parlamentari saranno anche stato un atto simbolico,« ma sono un atto di una inusitata gravità». Molto critica anche Beatrice Lorenzin che non è disposta a restare in una formazione guidata da estremisti «contrari allo spirito e alle idee che abbiamo professato in questi 19 anni». Considera le dimissioni un errore e punta l’indice contro l’idea di un partito alla Alba Dorata «che considera traditori chi la pensa diversamente». L’attacco è ai consigliori di Berlusconi che non sono attrezzate culturalmente a guidare il partito.
Anche il lealista Fabrizio Cicchitto dice no ai dirigenti di “estrema destra” e invoca un partito moderato di massa. «Così non va», taglia corto Maurizio Lupi abbandonando le consuete vesti di pompiere, «vogliamo stare con Berlusconi ma non con i suoi cattivi consiglieri. Si può lavorare per bene del Paese essendo alternativi alla sinistra rifiutando gli estremisti», dice chiedendo ad Alfano di mettersi in gioco. Persino una berlusconiana di ferro come Nunzia De Girolamo, che ieri ha diserato la festa di compleanno del Cavaliere a Napoli, non nasconde i mal di pancia per le dimissioni imposte, «non mi riconosco in strappi estremi ed estranei alla cultura e alla sensibilità degli elettori Pdl». Anch’essi in subbuglio e disorientati per lo strappo, come testimoniano le sentinelle sul territorio. Cerca di spegnere l’incendio Maurizio Gasparri, che dice no al derby re tra falchi e colombe e sollecita «un dibattito franco con il coinvolgimento di tutti intorno a Berlusconi e Alfano».
Difficile prevederà cosa accadrà nelle prossime ore, la riunione congiunta di deputati e senatori convocata nel pomeriggio, presente Berlusconi, sarà l’ultimo tentativo per evitare la diaspora. Letta non si fa troppe illusioni anche se spera nei moderati pidiellini per salvare le larghe intese, anche se meno larghe, e lo stesso calendario della crisi disegnato da Napolitano con lo slittamento a mercoledì del voto di fiducia in Parlamento punta a “offrire” un giorno in più al centrodestra per diradare la nebbia.