Se Berlusconi soccomberà il Pd (e l’Italia) pagheranno il prezzo più alto, nel segno del conflitto permanente
In attesa di conoscere i motivi per i quali il senatore Andrea Augello ha cambiato improvvisamente strategia ponendo immediatamente la questione di costituzionalità prima di svolgere la relazione vera e propria, circostanza che implica l’espressione immediata di un voto e dunque accorcia oggettivamente i tempi del dibattito sulla cui dilatazione il Pdl puntava, resta il fatto che la partita non è più giudiziaria (se mai lo è stata) bensì tutta politica. Ed è facile anticipare che essa avrà un solo sconfitto, ma paradossalmente nessun vincitore. Lo sconfitto sarà Silvio Berlusconi; il vincitore non sarà il Pd per semplice fatto che provocherà la crisi di governo con il suo atteggiamento pregiudizialmente ostile (ricordiamo che non si tratta di sottrarre il Cavaliere alle conseguenze della sentenza definitiva della Cassazione, ma di non permettere che venga cacciato dal Parlamento come un volgare delinquente: questo è il punto) ed aprirà un conflitto dalle proporzioni inimmaginabili al suo interno alla ricerca degli assetti perduti e tra le posizioni contrapposte rappresentati dai trattativisti e dai radicali.
Dunque, Berlusconi, nonostante tutti i tentativi esperiti, dovrà imboccare la strada che mai avrebbe immaginato in attesa, peraltro della sentenza del 19 ottobre sulla rideterminazione della pena accessoria, mentre Enrico Letta farà mestamente le valigie e lascerà Palazzo Chigi anche se in molti sostengono che il governo reggerà nonostante tutto.
Già, ma come? Ce li vedete ministri e parlamentari che votano insieme con chi ha determinato l’uscita di scena dal Senato del loro capo, senza aver fatto nulla per evitarlo: bastava soprassedere, tanto con l’interdizione dai pubblici uffici l’esito sarebbe stato analogo, con la differenza che la polemica si sarebbe spostata sul piano giudiziario invece che su quello politico. Il Pd, dunque, sarà un perdente di successo: gli “intransigenti” plaudiranno rabbiosi e felici (non è un ossimoro, anche se così appare) alla caduta del Caimano; i più responsabili (ma fino a che punto?) si mangeranno le mani immaginando il vuoto che si aprirà un minuto dopo e alle conseguenze che si produrranno non soltanto nella sfera più propriamente politica, ma anche economica e finanziaria. L’instabilità la farà da padrona e siccome Napolitano non ha nessuna voglia di sciogliere le Camere, è facilmente immaginare un lungo periodo di trambusto istituzionale. Troppo facile attaccarsi all’idea che il capo dello Stato dia nuovamente l’incarico a Letta di formare un nuovo governo di orientamento e composizione diverso dall’alttuale per sanare la situazione. Non ci si arriverà facilmente, e non soltanto per i numeri che comunque sarebbero risicati al punto di prevedere con facilità un cammino periglioso per l’esecutivo, ma soprattutto per il quotidiano Vietnam parlamentare posto che deputati e senatori del Pdl non farebbero davvero buon viso a cattivo gioco. Il tutto inquadrato in una cornice internazionale, crediamo proprio che non giovi all’Italia già rischiosamente avviata sulla via della crescita dello spread quale primo segnale della sfiducia da parte dei mercati. Il resto verrà di coneguenza.
E tutto questo per votare la decadenza di un senatore che comunque avrebbe lasciato il suo seggio dopo la sentenza della Corte d’Appello? Il minimo che si possa dire è che il Pd è composto da una masnada di raccogliticci dilettanti i quali immaginando di cogliere una vottoria storica, non certo dovuta ai loro exploit elettorali, pensano sia venuto il momento di disfarsi del nemico buttandola approfittando dell’interpretazione di una legge discutibile, fatta male, più che probabilmente incostituzionale alla quale, diciamola tutta, il Pdl si è impiccato da solo votandola il 6 dicembre dello scorso anno.
Il ricorso alla Corte di Strasburgo lascia il tempo che trova: avendo frequentato per un decennio il Consiglio d’Europa ed avendo votato numerosi giudici che attualmente compongono l’organo giurisdizionale, so bene che i tempi possono essere biblici e per esperienza diretta non ho mai visto pronunciarsi quei giudici in previsione di un “danno” alla persona e non a “danno” avvenuto e certificato. Certo, meglio che si sia fatto un passo del genere piuttosto che restare a guardare, ma la partita non si gioca in Alsazia.