Tra Schettino e la Concordia ci mancava solo l’Orlando furioso, il ministro che “parla di cose infondate”
Il più grande recupero navale della storia. Così viene definito il tentativo di ruotare e rimettere in verticale la Costa Concordia, gigante lungo 300 metri e pesante 114mila tonnellate mandato a morire da una sciagurata manovra il 13 gennaio 2012 su uno scoglio davanti all’isola del Giglio. L’operazione, definita parbuckling, è programmata per le 6 di lunedì, condizioni meteomarine permettendo. Un’impresa mai tentata prima, ma costellata da polemiche sull’eventuale impatto ambientale e sullo sversamento dei liquidi presenti nella nave nelle acque dell’Isola del Giglio. Da una parte c’è il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli responsabile dell’operazione, dall’altro il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando che continua a battibeccare, a sollevare problemi e a rivendicare il suo ruolo nell’operazione. Orlando per primo infatti ha preso carta e penna e ha scritto a Gabrielli per chiedere lumi sul piano di gestione dei rifiuti presenti nello scafo e sul piano per fronteggiare eventuali emergenze ambientali nel corso del parbuckling. Polemiche, che Gabrielli ha bollato come «infondate e strumentali». Parole che hanno ulteriormente irritato il ministro: «Non dovevo aspettare la conferenza per essere convinto. Ci sono stati già dei passaggi – ha spiegato – che hanno risposto alle richieste che avevamo formulato ed ora il piano è il piano del governo, alla luce del coinvolgimento dei ministeri competenti». All’opera del raddrizzamento della nave lavorano da mesi più di 500 persone, per un costo che supererà i 600 milioni di euro. Sulla carta l’impresa dovrebbe riuscire, ma ha spiegato giovedì il capo della Protezione civile, «come tutte le cose mai sperimentate prima ci sono elementi di incertezza. Lunedì sarà la prova del nove». Dunque si parte all’alba di lunedì. Il principale punto interrogativo, secondo il capo della Protezione civile, riguarda «la capacità della struttura di resistere agli sforzi cui sarà sottoposta». Già, perché la nave sarà ruotata di 65 gradi rispetto alla sua posizione attuale con cavi d’acciaio, tentando di non deformare lo scafo per poi poggiarlo sul falso fondale costruito a circa trenta metri di profondità. Un’operazione che dovrebbe durare 10-12 ore. Dopo si verificheranno le condizioni della fiancata rimasta sommersa, si stabilizzerà la nave e si monteranno i quindici cassoni che ne dovranno assicurare il galleggiamento. Quanto al pericolo di sversamenti, Gabrielli ha confermato che ci saranno, «per questo abbiamo fatto un un’attività preventiva di aspirazione di migliaia di metri cubi di liquidi interni. Ma gli esiti della fuoriuscita li verificheremo strada facendo». E ora in audizione alla Camera conferma che «il progetto di rimozione della Concordia si compone di 10 fasi, la fase 9 è quella di rimozione e ripristino, avrà un respiro di cinque anni durante i quali il privato è obbligato a monitorare le conseguenze del progetto».