Venezia, la Mostra applaude “La dolce vita” di Fellini nel documentario di Ettore Scola
Nella penultima giornata della kermesse lagunare il red carpet è tutto per Federico Fellini, rievocato nel documentario celebrativo di Ettore Scola, Che strano chiamarsi Federico. Presentato fuori concorso, in anteprima mondiale alla 70.esima edizione edizione della Mostra di Venezia, alla presenza del presidente Napolitano ospite d’eccezione della giornata festivaliera, il film va ad inaugurare la serie di eventi commemorativi intestati al maestro riminese in occasione del ventennale della morte (che ricorre il prossimo 31 ottobre). «È un album di immagini, disegni, spezzoni di vita e ricordi, anche cose confuse che si sovrappongono», annuncia il regista di C’eravamo tanto amati, definendo ironicamente questa sua ultima fatica d’autore «il film che lo ha tolto dalla pensione».
Prodotto da Cinecittà Studios con Papermoon, Palomar, Istituito Luce-Cinecittà e Rai Cinema, il documentario biografico – un ricordo-ritratto che ha più del progetto amicale che del prodotto cinematografico, e che uscirà nelle sale il 12 settembre – non poteva che essere interamente girato nel famoso Teatro 5 di via Tuscolana, luogo simbolo della creatività di Federico Fellini, in cui sogni e fantasie del maestro hanno preso corpo scenografico e anima artistica. Peraltro, un teatro di posa che ha accomunato in più di un’occasione i destini professionali dei due cineasti, tanto che il set di Cinecittà amato da Fellini, ha ospitato lo stesso Scola per le riprese de La famiglia e de Il viaggio di capitan Fracassa. Uno dei diversi posti cari ai due registi, come l’ufficio del direttore e la redazione della rivista satirica Marc’Aurelio – dove Scola, giovanissimo, conobbe Fellini – ricreati nel documentario presentato oggi al Lido nel teatro dallo scenografo Luciano Ricceri. Il film si presenta dai primi fotogrammi come un caleidoscopio di momenti vissuti, di emozioni riaffiorate a fior di pelle, di impressioni rilette nel segno di poi, tradotte in immagini girate, e non poteva essere diversamente, a Cinecittà, e alternate al montaggio a frammenti di repertorio, spezzoni di pellicole e materiali d’epoca, che nella geometria del racconto documentario diventano i capitoli di un “Amarcord” firmato Scola e tributato all’amico Fellini, amico o indimenticato e maestro di sempre. È il racconto, riletto tra goliardia e ironia, della loro conoscenza al giornale Marc’Aurelio nei primi anni ’50; dei loro incontri; degli amici comuni – Maccari, Sordi, Mastroianni -; delle incursioni improvvisate sui set dei rispettivi film; di Cinecittà, del Teatro 5 e di mille altre commistioni che hanno contribuito a rafforzare nel tempo la loro amicizia. Dal suo debutto nel 1939 come giovane e promettente vignettista satirico, alla conquista della suo quinto Oscar nel 1993, anno del suo settantesimo e ultimo compleanno, sullo schermo rivive la “Dolce vita” di Federico Fellini, eterno sognatore che dal grande schermo ha risvegliato le coscienze e regalato volti e immagini alla fantasia.