Anche Putin ha il vizietto di spiare? Si profila una guerra fredda telematica che potrebbe cambiare gli equilibri mondiali

29 Ott 2013 10:22 - di Gennaro Malgieri

La nuova guerra fredda si combatte a colpi di intercettazioni. Dopo gli Stati Uniti si scopre che anche la Russia di Putin ha cercato di inserirsi nella lotta per il controllo se non planetario, alla maniera americana, almeno delle personalità più influenti dell’Ue.

La trappola, secondo quanto è stato reso noto, sarebbe scattata nel vertice del G20 tenutosi a San Pietroburgo lo scorso settembre. Alla fine dei lavori, alle varie delegazioni sono sati consegnati i gadget di rito tra i quali delle pennette usb e  cavi per la ricarica dei cellulari. Il presidente del Consiglio europeo, Hermann van Rompuy si è premurato di far analizzare il materiale ed è venuto fuori che attraverso l’uso di tali “innocui” accessori informatici era possibile controllare i dati personali  dei suoi apparati telematici. Adesso, tutti gli Stati europei sono in allerta e, dopo le notizie giunte da Bruxelles, stanno pensando ad un’azione comune di protesta da inoltrare al Cremlino. In effetti ciò che è accaduto è di una gravità assoluta che ci fa intendere come la “confrontazione” tra Usa e Russia non sia affatto terminata, ma abbia assunto connotazioni diverse.

Nel mezzo, ovviamente, sta l’Europa colpita da est e da ovest, incapace di reagire e priva di una comune visione della sua difesa che in questo caso  non è militare, ma è altrettanto pericolosa poiché dalla conoscenza dell’altro, che convenzionalmente in questo caso non può tecnicamente essere definito “nemico”, si possono avere tutte le informazioni riservate al fine di articolare politiche economiche, finanziarie, energetiche che determinano la supremazia di un’area rispetto ad un’altra e, dunque, una oggettiva soggezione da parte di chi intende muoversi secondo linee diverse dagli Stati che utilizzano la tecnologia per spiare alleati e non.

Il clima, dunque, è destinato ad arroventarsi. Non ci si meraviglierà più, dopo quest’ultima rivelazione, se anche altre potenze intendono imitare Usa e Russia e predisporsi ad una “guerra informatica totale” quale ultima frontiera della tecnologia usata a fini scopertamente bellici, sia pure non cruenti.

Secondo il direttore della intelligence italiana, Massolo, non ci sono prove al momento che le nostre istituzioni siano state spiate. Il che se è rassicurante, per modo di dire, da una parte, dall’altra non ci fa capire l’entità del danno perché nessuno può dire quanti cittadini italiani e per quanto tempo siano stati “osservati”. La cifra di 46 milioni di contatti telefonici raccolti in Italia dalla Nsa non sembra essere stata messa in discussione da nessuno. Tantomeno dal capo del Dis. Contatti che fanno parte della cifra monstre di 124,8 miliardi di telefonate intercettate dall’agenzia americana in un tempo oltretutto limitatissimo, come abbiamo documentato ieri.

Di fronte ad uno sfacelo della privacy e della sovranità degli Stati di questa portata sembra che non ci siano vie d’uscita: è ciò che lascia maggiormente interdetti.

Chi prenderà l’iniziativa per azzerare tutto? Chi si assumerà pubblicamente le proprie responsabilità? Non lo ha fatto Obama finora, è immaginabile che lo faccia Putin? E l’Europa, soggetto più esposto alle scorribande informatiche planetarie, come reagirà?

Interrogativi che dovrebbero preoccupare tutti. E certamente preoccupano le classi dirigenti di quasi tutti i Paesi europei. In Italia, tra una kermesse del Pd ed il casino istituzionalizzato nel Pdl, non è finora venuta una sola presa di posizione politica di alto livello di fronte ad uno scempio che cambierà nel tempo i rapporto tra Stati e popoli, mentre l’Italia fingerà di non accorgersene. Come sempre.

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