Crozza via dalla Rai? Per Gubitosi è colpa della politica. Ma la Rai la pagano (anche) gli italiani…

23 Ott 2013 17:05 - di Valeria Gelsi

Duro botta e risposta in Vigilanza Rai tra il direttore generale dell’azienda, Luigi Gubitosi, e i commissari del centrodestra. Il dg si è presentato in audizione addebitando il mancato rinnovo del contratto di Crozza alla politica che, a suo dire, avrebbe esercitato ingerenze illegittime chiedendo conto dei compensi. «È paradossale quello che dice Gubitosi, cioè che non sia stato sottoscritto il contratto con Crozza solo perché c’è stata una richiesta di trasparenza», è stata la replica di Renato Brunetta, che nei giorni scorsi aveva chiesto se davvero per la permanenza del comico in Rai fossero previsti 5,4 milioni in tre anni. «Mancare di rispetto alla Commissione in questa maniera è da censurare», ha quindi proseguito il capogruppo del Pdl alla Camera, che ha sollecitato al presidente della Bicamerale, Roberto Fico, la convocazione di una specifica riunione e ha chiarito che «si potrebbe addirittura ipotizzare un’azione di responsabilità nei confronti del dg, che non ha stipulato il contratto per paura della trasparenza».

Secondo Gubitosi, il caso Crozza sarebbe «emblematico». «Non siamo riusciti a chiudere la trattativa per le polemiche sui compensi che hanno creato forte tensione», ha detto, sostenendo che «si tratta di intromissioni nelle normali regole della concorrenza che rappresentano un’anomalia italiana». Il dg quindi ha portato a proprio sostegno anche le parole che l’attuale viceministro Antonio Catricalà pronunciò da presidente dell’Antitrust: «Solo la Rai avrebbe l’obbligo di trasparenza a livello di dettaglio disaggregato. La pubblicazione dei compensi potrebbe ridurre la capacità della Rai di trattenere risorse». «Un paese che ha paura della satira è un paese in difficoltà morale», ha poi chiosato Gubitosi.

A dare man forte al dg Rai è arrivato il Pd, che di fatto ha colto l’occasione per aprire un nuovo fronte di scontro con il Pdl. «Ormai è chiaro che al centro della polemica quotidiana della destra contro viale Mazzini c’è la volontà di indebolire il servizio pubblico e di renderlo sempre più vulnerabile nei confronti della concorrenza», ha detto il responsabile per il servizio pubblico, Giorgio Merlo, che evidentemente rimanda alla consueta ossessione del Pd per cui ogni atto del centrodestra andrebbe ascritto alla difesa degli interessi di Berlusconi, personali e delle sue aziende.

Ma quale sia il proprio faro il Pdl lo ha spiegato anche in Commissione: mantenere dritta la barra rispetto alla tv pubblica, che è ampiamente pagata anche dagli italiani. «Ci sono regole che pongono vincoli, per la natura della Rai e per il contesto giuridico e proprietario», ha ricordato Maurizio Gasparri, sottolineando che non si può non tenere conto di «una specificità della Rai che si ripercuote anche sui compensi». «Ne parleremo nell’ambito del contratto di servizio. Questo – ha proseguito il vicepresidente del Senato – è uno svantaggio competitivo, ma è anche un vantaggio avere metà del bilancio pagato dal canone». E se di difficoltà del Paese si deve parlare, come ha fatto Gubitosi, allora è a quelle economiche che bisogna rivolgere l’attenzione, come in sostanza ha sottolineato Augusto Minzolini. «Tutti i giornali hanno fatto cifre, che – ha detto il parlamentare del Pdl – nell’opinione pubblica hanno creato non dico disappunto ma quanto meno disorientamento».

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