Cuba, il “governo del popolo” ha paura persino del cinema 3D, che è ancora “clandestino”
Come nella migliore tradizione comunista, tutte le novità sono guardate con sospetto, e nel dubbio, le si proibiscono. Il cinema 3D, questo strumento eversore, è arrivato anche a Cuba, ma finora è limitato all’iniziativa di “privati” che organizzano sale di proiezioni artigianali senza le autorizzazioni richieste, in una semi-clandestinità tollerata finora dalle autorità, che si interrogano come reagire di fronte a questo nuovo fenomeno. Juventud Rebelde, il quotidiano della Unione dei Giovani Comunisti, ha dedicato un’ampia copertura alla questione, sottolineando che «ormai il dibattito è aperto» sull’uso della nuova tecnologia «in alcune sale artigianali» perché non può ancora estendersi ai cinema legali, che sono tutti amministrati dallo Stato. «Il 3D è arrivato in tutto il mondo e ora cammina silenziosamente per le strade cubane, sopratutto nelle province dell’Avana, Artemisa e Mayabeque», nell’ovest dell’isola, ha scritto preoccupato il giornale governativo. In realtà non è così: i cubani più anziani ricordano che il cinema tridimensionale era già noto nel Paese da quando, oltre mezzo secolo fa, ai tempi di Fulgencio Batista, la Warner Brothers lo esportò all’Avana in chiave di sperimento di marketing. La ultrasettantenne Herminia Hernandez ha raccontato all’Ansa che negli anni ’50 il cinema Radiocentro – diventato Yara, dopo l’esproprio da parte dello Stato, in seguito alla Rivoluzione castrista – proiettava di questi film, e che lei stessa aveva assistito ad alcuni spettacoli. «All’ingresso ti davano degli occhialetti di cartone con celofan rosso per un occhio e celofan blu per l’altro. L’immagine ti dava effettivamente una sensazione di rilievo, ma i colori si mescolavano», ricorda l’anziana signora. Esponente di un’altra generazione, il quindicenne Pedro Enrique racconta da parte sua che per il prezzo affatto modico di 1 peso Cuc, pari a un dollaro, ha potuto vedere un film 3D in una casa del suo quartiere. Per Roberto Smith, presidente dell’Istituto Cubano di Arte e Industria Cinematografica (Icaic) non ci sono dubbi: «Le proiezioni in 3D per conto proprio sono una attività per la quale nulla è ancora definito, e dunque si tratta di un fatto che non è legale, anche se non si stanno prendendo misure contro le persone che lo praticano». Smith insiste sul fatto che comunque questo tipo di spettacolo deve rispettare, come tutti gli altri, i principi della politica culturale di Stato, un punto ribadito dal viceministro di Cultura, Fernando Rojas, secondo il quale «la politica nazionale va rispettata senza eccezioni perché è di tutti, dal vicino di casa che suona musica a casa sua a quello che brucia canzoni nel suo computer». «Cosa fare dunque? Proibire o regolamentare?» si è chiesto Rojas, che personalmente si dice favorevole a una regolamentazione nel quadro della politica culturale di Stato «perché è nel nostro interesse non limitare l’offerta, ma piuttosto promuovere prodotti culturali di maggiore qualità». La verità è che non sanno cos’è, però potrebbe esser epericoloso per la rivoluzione socialista, e quindi…