È morto Alberto Musy, il consigliere comunale di Torino vittima di un agguato nel 2012
Alla fine non ce l’ha fatta: è morto ieri sera Alberto Musy, il consigliere comunale di Torino in coma irreversibile dal 21 marzo del 2012, giorno in cui è rimasto vittima di agguato sotto la sua abitazione in via Barbaroux nel centro cittadino, centrato da diversi colpi di pistola. A darne notizia, confermata da ambienti della questura di Torino, fonti vicine alla famiglia dell’esponente Udc, che nel 2011 si presentò anche come candidato sindaco di Torino per il Terzo Polo: un’ esperienza nella quale si era tuffato, accettando la scommessa elettorale, pur sapendo di avere la strada sbarrata da Piero Fassino, sostenuto dal centrosinistra, e da Michele Coppola, schierato dall’asse Pdl-Lega Nord. Avvocato conosciuto, docente di diritto privato comparato, Musy era una persona molto stimata per la pacatezza dei toni, che erano il suo stile anche in politica. Lascia la moglie, Angelica Corporandi d’Auvare, e le quattro figlie di 13, 11, 9 e 3 anni. L’uomo non si era mai ripreso nel corso di quella che è stata una lunga e straziante agonia, perpetrasi per 19 mesi in una clinica di lungodegenza a Santena (Torino), dove era stato ricoverato in come vegetativo, e che si è conclusa – per una incredibile concomitanza del destino – proprio alla vigilia del giorno in cui, al processo in corso al Tribunale di Torino, era prevista la deposizione di Francesco Furchì, imputato con l’accusa di essere il presunto responsabile, a questo punto, non più del tentato omicidio, ma dell’omicidio di Alberto Musy. Tanto che, Gianpaolo Zancan, avvocato di parte civile per i familiari della vittima, in queste ore ha dichiarato che «adesso l’imputazione per Francesco Furchì dovrà cambiare: da tentato omicidio a omicidio volontario premeditato. Un reato punito con l’ergastolo». Un assassinio, quello di cui deve rispondere Furchì, che denuncia una premeditazione coltivata nell’odio e per cui si è ipotizzato in un primo momento nel corso delle indagini condotte dalla squadra mobile e dalla procura di Torino, anche la possibilità di eventuali complici, almeno per quanto riguarda le conoscenze di orari e abitudini della vittima dell’agguato. Un attentato efferato e brutale per la freddezza dell’esecuzione, quello che ha colpito Musy, che non gli ha lasciato scampo, e su cui gli inquirenti hanno indagato fino ad arrivare, un anno dopo, all’individuazione di un sospetto, forti solo delle riprese di alcune telecamere di videosorveglianza nel centro storico di Torino che registrarono le immagini di un uomo con il volto coperto da un casco che indossava un impermeabile lungo, e che si era poi allontanato a piedi. Immagini studiate scrupolosamente e passate meticolosamente al setaccio, che hanno poi portato, appunto, all’individuazione del presunto responsabile nella persona di Francesco Furchì, faccendiere che secondo gli inquirenti ha agito animato da rancori personali, causati da mancati aiuti di Musy in alcune vicende, come il tentativo di acquisizione della fallita Arenaways. Per quell’agguato, allora, Furchì è in carcere dallo scorso 29 gennaio da dove – nonostante le perizie e le ipotesi indiziarie vadano in direzione della sua presunta colpevolezza – si dichiara innocente.