Gli Usa minimizzano ma lo spionaggio globale è grave e non ha nulla a che fare con il terrorismo

25 Ott 2013 9:53 - di Gennaro Malgieri

Se trentacinque leader mondiali vengono spiati costantemente dagli Stati Uniti, tramite la Nsa, come ha rivelato il Guardian , il problema è più grave di quanto si pensasse. Nel Consiglio dell’Ue, ieri ha fatto irruzione il cosiddetto Datagate creando spaccature tra i ventotto membri con la Gran Bretagna sotto accusa perché, al solito, allineata alle posizioni americane. Altri si sono mostrati più tiepidi di Francia, Italia e Germania (la Merkel ha scoperto che il suo cellulare era intercettato), insomma, non si è trovata una posizione comune, per quanto il presidente del Parlamento europeo, Martin Schultz, abbia fatto la voce grossa chiedendo la sospensione degli accordi commerciali tra gli Stati Uniti e l’Unione europea

Dall’altra parte dell’Atlantico tendono a minimizzare, come ha fatto il sottosegretario Kerry con Enrico Letta. Ma l’amministrazione Obama sa bene che il “caso” non si chiuderà con generiche rassicurazioni o con banali scuse. E’ una questione planetaria che mette rischio la sicurezza degli Stati, la libertà delle persone, la dignità dei popoli, la sovranità delle nazioni. Di fronte all’aggressività che mesi fa Edward Snowden denunciò al mondo, la necessità di rinegoziare i rapporti almeno in Occidente tra alleati diventa impellente. Ed il solo modo per cominciare a procedere è un’ammissione di responsabilità da parte degli Usa, con conseguente pubblicità di un’iniziativa che in altri tempi avrebbe pregiudicato i rapporti internazionali e probabilmente precipitato in una crisi profonda gli Stati coinvolti.

Lo spionaggio globale, ai danni soprattutto degli “amici”, non ha niente a che fare con la lotta al terrorismo. E’ lo strumento, probabilmente il più efficace, per condizionare le politiche economiche e di sicurezza di Paesi liberi ed indipendenti, volgendo le informazioni raccolte a fini impropri che certo non collimano con quelli degli alleati.

La proposta scaturita a Bruxelles dell’adozione di un codice di spionaggio è a dir poco grottesca. Lo spionaggio, per definizione, non ammette regolamentazione. La fiducia non può essere materia di trattati. E’ piuttosto il caso di chiedere ad Obama una pubblica sconfessione dell’accaduto e spiegazioni convincenti che non lascino adito a dubbi per l’avvenire. Poi saranno le pressioni degli Stati coinvolti che dovranno indurre gli Stati Uniti ad aprire i loro archivi per mettere a disposizione dei danneggiati i materiali illecitamente acquisti.

Si riuscirà ad ottenere, almeno in parte, qualcosa del genere? Ne dubitiamo. E restiamo in attea del prossimo scandalo.

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