Il day after nel Pdl. I “governativi” avvertono: il partito non è sciolto, deciderà il Consiglio nazionale dell’8 dicembre
Scissione solo rimandata o ritrovata unità con il Cavaliere ancora dominus incontrastato? Il day after il drammatico ufficio di presidenza del Pdl che ha deciso all’unanimità (assenti Alfano e i “governativi”) il traghettamento verso Forza Italia 2.0 rimette al centro della scena il destino dei “moderati” che hanno tentato fino all’ultimo di congelare la riunione del Parlamentino azzurro per aspettare fino alla decadenza. Difficile pensare che il nuovo ruggito di Berlusconi, deciso a mettere sul piatto la dote azzurra anche davanti ai magistrati, non avrà ricadute sulle larghe intese e sui rapporti con i democratici. L’accelerazione ha spiazzato Alfano, molto indeciso sulle prossime mosse: se rompere gli indugi per costruire il nuovo centro con Casini e Mauro, come gli consigliano i più duri dei “suoi”, o restare lavorando lentamente per tornare al timone. Oggi i filo-governativi minimizzano la portata della sfida di Berlusconi che dopo l’azzeramento dell’organigramma corre verso il Consiglio nazionale previsto per l’8 dicembre, la stessa data in cui il Pd celebrerà le primarie.
«Non ci sarà nessuna scissione», dice Maurizio Lupi, «noi lavoriamo da sempre per un partito unito intorno al suo leader Berlusconi e ad Alfano». Una lettura edulcorata , quella del ministro di provata fede ciellina, che rifiuta l’interpretazione dello schiaffo subìto, «non c’è stata nessuna batosta, l’ufficio di presidenza, organo legittimo, nato però nel 2009 e che evidentemente non rappresenta l’intero partito, presenterà all’unanimità una proposta al Consiglio nazionale. A quel punto ci confronteremo, non sulle cariche e neanche sul fatto che uno sia più lealista dell’altro, ma sul partito che vogliamo andare a costruire». Anche Roberto Formigoni, regista del documento dei 24 senatori ribelli sulla sfiducia a Letta, sposta i riflettori sul Consiglio nazionale, l’unico organo abilitato a sciogliere il Pdl. «Quella di ieri è solo una proposta, non ha valore esecutivo. Alfano resta regolarmente in carica, almeno fino all’8 dicembre. Se Berlusconi ha voluto riprendere il potere – dice l’ex governatore – allora mi sembra un grande atto di ostilità, un gesto provocatorio. L’8 dicembre ci confronteremo sull’idea del partito e sulla linea politica». Sarà il giorno della verità: da un lato la parte di Forza Italia-Forza Italia che «punterà a un partito fortemente carismatico, leaderistico, dove uno decide per tutti, e noi, diciamo quelli di Forza Italia-Pdl, che punteremo a un partito più democratico». E Fabrizio Cicchitto, molto critico sui criteri di rappresentanza dell’ufficio di presidenza (che su proposta di Verdini ha rispolverato il vecchio regolamento), ribadisce che Pdl esiste finché non viene sciolto «e per farlo servono i due terzi del Consiglio nazionale». Insomma non saranno diciannove persone a chiudere la partita, dice non escludendo la nascita di gruppi autonomi. Preferisce non parlare Beatrice Lorenzin mentre Barbara Saltamartini plaude al senso di responsabilità di Alfano, «ha fatto bene a non partecipare per non generare divisioni prima del Consiglio nazionale», dice la parlamentare ex An che ancora spera nella quadratura del cerchio, «difficile congelare un partito visto che abbiamo le elezioni in Basilicata e in Trentino».