Il giorno della verità per il centrodestra: oggi potrebbe rinascere Forza Italia. Alfano e i “governativi” al bivio
È il D-day rinviato per giorni e giorni nella speranza di una quadra che non si trova. Silvio Berlusconi è deciso ad accelerare la nascita della nuova Forza Italia lasciando l’area governativa alla sua linea lealista, ma con Letta. Dopo giorni di estenuanti trattative e notti insonni ad Arcore il Cavaliere rompe gli indugi e convoca per oggi alle 17 l’Ufficio di presidenza per chiedere un voto sulla confluenza del Pdl nel nuovo partito azzurro e l’azzeramento delle cariche. Potrebbe essere una prova di forza per dimostrare che è ancora lui il dominus del partito e non intende farsi pensionare sotto i colpi degli attacchi giudiziari. Tramontata, al momento, ogni ipotesi di organigramma che preveda Alfano come vice-Berlusconi”, magari “vicepresidente”, ad avere la meglio, per ora, sembrerebbe la linea di Raffaele Fitto, quella di “staccarsi” dai governativi o convincerli a una scelta di campo. Il tavolo di oggi comporta un bivio per Angelino Alfano e ai 24 senatori che hanno costretto il Cavaliere al passo indietro sulla sfiducia a Letta, una ferita ancora non rimarginata. Nell’Ufficio di presidenza (grazie a una mossa di Verdini) saranno solo 24 gli aventi diritto al voto, gli “originari” del primo Pdl, che comprendono molti ministri del governo del 2008 (Carfagna, Fitto, Galan, Gelmini, Matteoli, Prestigiacomo, Bondi, Rotondi, Vito, Scajola, Sacconi, Brunetta e lo stesso Alfano) quasi tutti oggi “lealisti” o comunque portatori di messaggi unitari. Non ci saranno invece gli attuali cinque ministri e nemmeno Cicchitto, mentre dell’area governativa saranno presenti Formigoni e Giovanardi, con Schifani più defilato ma sempre più vicino ad Alfano.
L’esito del voto è praticamente scontato. Nel timing berlusconiano al vertice di oggi seguirà la convocazione del Consiglio nazionale del partito per ufficializzare il traghettamento, forse l’8 dicembre, giorno, ironia della sorte, in cui il Pd ha in programma le primarie per la scelta del segretario. Alfano, che sarebbe stato colto di sorpresa dall’accelerazione di Berlusconi mentre era a Bruxelles, è diviso tra lo strappo definitivo come gli consigliano i più duri dei suoi (Lorenzin, Quagliariello Cicchitto) e la sopravvivenza nella creatura azzurra lavorando con pazienza per tornare al timone. I giornali descrivono un Berlusconi pronto a tutto: «Mi hanno lasciato tutti solo mentre le procure mi sparano contro, ma io reagirò, farò vedere che chi comanda sono ancora io», si sarebbe sfogato con i fedelissimi. Nell’impasse di Alfano si mescolano opportunità politiche e forti legami personali: non sarà una passeggiata rompere con il padre per un salto nel buio senza avere grandi numeri dalla sua né le risorse sufficienti. Per questo spera di guadagnare ancora un po’ di tempo e far saltare il Parlamentino di oggi chiedendo a Berlusconi di tenere tutto così come è fino alla decadenza. Imprevedibili anche le conseguenze sulla tenuta del governo e i rapporti con il Pd, il Cavaliere insiste a rassicurare che il sostegno alle larghe intese non è in discussione ma è l’indebolimento di Alfano sarebbe un chiaro segnale a Palazzo Chigi, proprio mentre Brunetta minaccia “il Vietnam” contro la Bindi all’Antimafia.