Il ministro della Difesa gioca all’attacco e lancia un’Opa sul Pdl. Ma i voti chi li porta?

9 Ott 2013 10:43 - di Luca Maurelli

Il monito è da comandante di brigata: «Basta, finiscano gli indugi». La linea è quella del generale Giap mentre faceva scavare le trincee nella jungla vietnamita per avvicinare il nemico: «Ci vuole una lista per le elezioni europee che metta insieme tutti colori che con matrice popolare e con sensibilità liberale e riformatrice, vogliono aiutare non solo l’Italia ma l’intera Europa a venir fuori dal guado della crisi». L’appello alle truppe del centrodestra, a suo avviso in disarmo e in libera uscita, è sulfureo ma ammiccante: «Chi si riconosce nella esperienza e nella sensibilità popolare, liberale, riformatrice, in una famiglia come il partito popolare europeo incentrata sull’economia sociale di mercato e sulla centralità della persona nella costruzione di un sistema politico, non deve più indugiare: ci vuole una lista per le elezioni europee».

Mario Mauro, di professione ministro della Difesa ma con un ingombrante, ventennale passato da berlusconiano nonché longa manus del Pdl in Europa, ha colto l’attimo di sbandamento dei suoi vecchi amici pidiellini e ha cambiato tattica: dal contriopiede, quello che gli fece mollare il Cavaliere nel momento di massima difficoltà dell’ex amico per agganciare la zattera (poi rivelatasi un pattino) dei montiani, Mauro passa all’attacco a tutto campo per provare a scardinare il Pdl e a trascinarne almeno una parte in un’operazione di nostalgismo neodemocristiano, ammantato da una patina di europeismo nel segno di un marchio ancora da scarnificare del tutto, come quello del Ppe, strumento di galleggiamento politico al momento più conteso di un salvagente al largo di Lampedusa.

Un Ppe italiano deberlusconizzato, dunque, da presentare alle Europee come operazione politica propedeutica alla nascita di un grande centro, da schierare alla prima occasione anche in Italia. Bene: ma trattasi di Opa ostile o amichevole? Si vedrà. Di sicuro misteriosa. Perché i partiti non si annunciano, si formano sulla base dei voti. E queli, al momento, stanno a destra, ce li ha il Pdl, Berlusconi, forse perfino Forza Italia. Non certo Monti e i suoi amici. I voti si contano, non si annunciano, lo ha capito anche Casini, altrettanto interessato a un’operazione neocentrista alla Mauro. Ma dotato di sufficiente esperienza (e rovesci politici) da indurlo a muoversi con cautela quando si parla di operazioni a tavolino, perfino quando Pierfi commenta il duello tra Fitto e Alfano, ai quali consiglia di “mettersi d’accordo, perché fare la campagna elettorale senza Berlusconi significa prendere voti molto difficilmente”’. Un messaggio lanciato a nuora perché suocera intenda.

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