Il nuovo veltronismo di Renzi serve a portare il Pd oltre la sinistra

28 Ott 2013 13:09 - di Oreste Martino

La convention di Matteo Renzi alla Leopolda di Firenze non ha portato alcun elemento di novità politica in quanto a contenuti. Ancora non si capisce che sinistra vuole Renzi, che Italia vorrebbe costruire, come e con chi. Per ora siamo ancora agli slogan, al parterre modaiolo, all’affrancamento da ideologia e simboli. Quindi il primo cittadino si accinge a portare la sinistra verso un nuovo veltronismo, ma più cool, più modaiolo e sganciato dalla storia e dall’apparato della stessa sinistra. Rispetto a Walter Veltroni ha il vantaggio di non dover negoziare ogni minuto con una struttura che vuole rottamare, ma non ha né la preparazione politica né le qualità che consentirono all’ex sindaco di Roma di costruire dal Lingotto in poi una nuova sinistra italiana, missione che poi gli fu sabotata dall’interno.

Per ora sappiamo che Renzi è meno antiberlusconiano dei segretari che l’hanno preceduto, che preferisce la pesca delle occasioni ad un programma politico e che ha capito che la situazione italiana ed internazionale gli impedisce di far saltare il banco per andare subito al voto. A ben vedere i risultati  della convention renziana l’unico vero elemento di novità è stato proprio il messaggio sulla durata del governo fino al 2015. Napolitano, Merkel, Obama, Barroso e tanti altri chiedono all’Italia stabilità e il sindaco ha capito che uno strappo per portare l’Italia al voto per collocarsi in fretta a Palazzo Chigi rischia di farlo diventare poco credibile tra le istituzioni internazionali, dove sarebbe visto come colui che per accedere frettolosamente alla poltrona di premier non si preoccupa dei problemi nazionali e comunitari.

Enrico Letta, da buon passista democristiano, infatti, si è costruito un solido cordone sanitario che lo cinge e lo protegge sia in Italia sia all’estero, come dimostrano le aperture nei suoi confronti della stampa internazionale e degli stessi leader mondiali. A questo va sempre aggiunto che quando il nostro paese è in crisi si parla di vendere i gioielli di Stato, come sta facendo in questi giorni lo stesso Letta spalleggiato dal ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. Le nostre aziende pubbliche, dall’Eni all’Enel a Finmeccanica e alle altre fanno molto gola alle potenze straniere sia per la nostra pessima tradizione di svenderle sia per la loro collocazione strategica in settori delicati o in aree geografiche di grande interesse.

Con Letta sotto protezione dei grandi poteri internazionali Matteo Renzi ha poco spazio per strappare e non può far altro che aspettare pazientemente il prossimo anno, sperando che la triste tradizione non si ripeta e che non sia ancora una volta il suo partito ad indebolirlo fino a sterilizzarne la leadership, mentre Letta pian piano avanza in Italia e all’estero e sotto sotto si prepara ad essere lui il futuro leader del centrosinistra.

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