Il Pdl avverte il governo: «Sull’immigrazione non è la Kyenge a dettare la linea»
«Rivedremo la Bossi-Fini», tuona Cécilé Kyenge. Il ministro dell’Integrazione è tornato a ribadire anche oggi che la legge sarà rivista: «I punti da rivedere sono tanti: l’immigrazione è fenomeno complesso, non si può banalizzare limitandolo a un solo elemento. Riguarda il mondo dei lavoratori altamente qualificati, quello dei lavoratori agricoli, delle imprese, il mondo della scuola. Perciò va visto in tutti gli aspetti». Una proposta che viene respinta al mittente dal Pdl: «Sul tema dell’immigrazione – replica Maurizio Gasparri – meravigliano affrettate prese di posizione di alcuni parlamentari. Sull’onda dell’emozione si rischia di prendere decisioni che presto si rivelerebbero sbagliate e comunque non è la Kyenge che detta l’agenda su questi temi. Dobbiamo piuttosto ritornare a una politica degli accordi – conclude il vicepresidente del Senato – con i paesi di origine come fece il governo Berlusconi. Incoraggiare con una politica di debolezza le partenze favorisce solo i mercanti di morte e moltiplica le stragi nel Mediterraneo». Altrettanto drastica la presa di posizione del governatore della Lombardia, Roberto Maroni: «Quello che c’è di positivo nelle proposte del ministro Kyenge è la irrealizzabilità, ovvero che non si realizzeranno mai, come questa cosa dello Ius soli». Il leader della Lega si augura quindi «che il Pdl al governo impedisce queste cose – ha aggiunto il segretario della Lega – Bisogna non mandare messaggi sbagliati. Bisogna rimandare a casa i clandestini e applicare la legge con rigore. Se uno crede in quel che fa – ha concluso – e il ministro Alfano crede in quello che fa, deve applicare la legge». Una posizione condivisa da Fratelli d’Italia: «Basta colpevolizzare gli italiani che hanno sempre dimostrato di essere accoglienti con chi giunge nel nostro Paese», commenta Edmondo Cirielli. Per il membro dell’Ufficio di Presidenza di Montecitorio, «il problema non è la legge Bossi-Fini. Occorre un impegno concreto da parte dell’Europa. Cambiarne l’approccio, poi, significherebbe attrarre ancora più profughi sulle nostre coste. Non possiamo permettercelo, né possiamo consentirci altre tragedie».