La Kyenge offende Maroni e nessuno grida allo scandalo: qualcuno le spieghi che cos’è la democrazia
Qualcuno spieghi alla “ministra” Kyenge che in Italia esiste ancora il diritto di critica. E che, come in ogni democrazia che si rispetti, si ascoltano le ragioni dell’altro senza supponenza e senza offese. Perché – e forse questo la Kyenge l’ha dimenticato – chi ha un ruolo istituzionale ha il dovere di comportarsi come tale ed essere all’altezza della situazione. Il fattaccio è accaduto subito dopo le parole pronunciate da Roberto Maroni nel corso dell’intervista a 24 Mattina su Radio 24: «Ho sentito la Kyenge proporre tante cose dall’inizio del mandato – ha detto il presidente della Regione Lombardia – ma il risultato è tante chiacchiere e zero sostanza e concretezza. Del resto, l’attività di quel ministero è una spesa inutile per il contribuente». Un giudizio, quello di Maroni, essenzialmente politico e tra l’altro condiviso da tantissimi italiani. Basti ricordare le gaffe della “ministra” per averne la conferma, dalla storia dei “clandestini liberi” a quella del “genitore uno” e “genitore due” per eliminare le parole “padre e madre”. Oltre queste gaffe, il nulla. Ma lei non ci sta e risponde con una frase poco elegante. O per meglio dire, un’offesa (anche se nel vocabolario perbenista della sinistra chiamasi offesa unicamente la critica, anche se minima, all’operato della Kyenge o della Boldrini): «Maroni? Non so chi sia, non so di chi sta parlando». Punto. Un ministro che replica in modo così velenoso e volgare a una critica politica è di per sé da bocciare in tronco. Se poi finge di non sapere chi è il presidente di una della più importanti regioni italiane è ancora di più da censurare. Se davvero non lo sa, è da dimissioni. L’unico dato certo è che la Kyenge, involontariamente, ha preso in prestito una frase famosa dei Promessi Sposi, «Carneade, chi era costui?». Ecco, se non conosce Maroni, finga almeno di conoscere Manzoni. Che è una pietra miliare della nostra cultura. Una buona lettura le farebbe bene, al di là del breviario di Don Abbondio.