La passione irresistibile della sinistra per il francescanesimo: ora pure Santa Chiara diventa “femminista”
C’è un’irresistibile tendenza, dalle parti della sinistra, a fare di tutto ciò che si muove attorno a papa Francesco un patrimonio “progressista”. Insomma proprio quella cosa lì, quella che si chiama “appropriazione indebita”. Già il pauperismo di San Francesco d’Assisi aveva acceso certi appetiti culturali ma ora è arrivato questo pontefice argentino, così colloquiale e vicino agli ultimi, che tra la sinistra e il francescanesimo è scoppiato un feeling profondissimo. Un segnale di questa tendenza è senz’altro costituito dal nuovo libro di Dacia Maraini, Chiara di Assisi (Rizzoli), nel quale la fondatrice delle clarisse viene “tasfigurata” in personaggio rivoluzionario e protofemminista, moderno per la pratica dell’anoressia (il digiuno) e addirittura accostabile all’icona delle femministe Olympe de Gouges, che ebbe parte attiva nella Rivoluzione francese nel sostenere l’uguaglianza di genere. Così la stessa autrice spiega a Sette il senso dell’operazione cui ha voluto dar vita scrivendo questo libro: “Il pensiero di Santa Chiara è talmente radicale che va al di là della religione: mette in discussione la proprietà privata, la famiglia, la gerarchia, il potere maschile. È veramente rivoluzionaria”.
E in effetti è verissimo che il francescanesimo fu fortemente rivoluzionario ma nel senso che operò una trasformazione radicale della spiritualità dell’epoca attraverso una nuova sensibilità cristocentrica. Ideologizzare quei fermenti è un errore prospettico che nessuno storico commetterebbe e forse neanche un propagandista di buon livello. È vero anche che Chiara fu una disobbediente (lo erano, del resto, molte religiose che seguirono i percorsi del francescanesimo sottraendosi ai destini matrimoniali immaginati per loro dalle famiglie) ma fu talmente obbediente rispetto a Francesco da chiudersi in monastero (inizialmente con la regola benedettina) per evitargli grane con la gerarchia ecclesiastica. Questo per dire che fare di questi personaggi storici, fuori dalla dimensione religiosa in cui operarono, dei paladini di valori cari alla sinistra come l’uguaglianza, la povertà, la critica alle rigide regole del familismo medievale rappresenta un rischio grande, cioè di farli diventare “caricature” rispetto a ciò che furono in realtà.
Del resto, un profondo e onesto interesse del femminismo per le mistiche del Medioevo c’è sempre stato e non era ignoto nelle università italiane dove medievisti del calibro di Raoul Manselli amavano ripetere ai loro studenti: “Dicono che le visioni di queste mistiche sono un linguaggio di ribellione? Bene, trovatemi una visione in cui una di queste sante celebra l’eucarestia e io darà retta a questa tesi”. Ma visioni così, ovviamente, non ci sono state tramandate né da Santa Chiara né dalle altre “sorelle” che come lei scelsero la via dell’amore mistico verso il Dio incarnato.