Marò, la polizia indiana potrebbe venire in Italia a interrogare i quattro testimoni
Spiragli sul caso dei due marò italiani. Le discussioni in corso fra tre ministeri indiani sull’impasse registrata nelle indagini riguardanti Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sembrano sul punto di sbloccarsi. Stando a una ”autorevole fonte governativa”, infatti, un team della polizia indiana Nia potrebbe recarsi a Roma per interrogare quattro fucilieri di Marina, testimoni-chiave dell’incidente avvenuto il 15 febbraio 2012 e terminare così il proprio lavoro. La fonte a conoscenza della vicenda ha spiegato al quotidiano The Economic Times che un intervento del governo ha permesso di superare il «muro contro muro» che vedeva contrapposti i ministeri di Interno e Giustizia, con gli Esteri mediatori a favore di una soluzione che non deteriorasse ulteriormente le già danneggiate relazioni con l’Italia. Si tratta ovviamente di notizie stampa, da considerare con prudenza, in assenza di conferme di esplicite fonti ufficiali. Ad esempio, consultato dal quotidiano su questo scenario, il direttore generale della Nia, Sharad Kumar, non si è sbottonato e ha risposto che «nessuna decisione è stata ancora presa» e che «la vicenda è all’attenzione del ministero dell’Interno». Nelle sue numerose missioni a Nuova Delhi, l’inviato italiano Staffan de Mistura aveva più volte sottolineato l’impossibilità di inviare per molteplici ragioni in India gli altri quattro marò che costituivano il team di sicurezza sulla petroliera “Enrica Lexie”, e spiegato che fra le ipotesi alternative, vi era in primo luogo una possibile missione della Nia a Roma. De Mistura aveva offerto anche la realizzazione di una videoconferenza o la risposta dei quattro a domande scritte, direttamente, o tramite rogatoria. Fino a ieri il ministero dell’Interno indiano sosteneva la tesi della necessità di sottoporre il problema alla Corte Suprema, mentre quello della Giustizia propendeva per l’utilizzazione di lettere rogatorie per ottenere la deposizione di Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte. E in questo ambito il titolare degli Esteri indiano, Salman Khurshid, premeva per una soluzione che proteggesse le relazioni italo-indiane. Dopo molteplici riunioni, ha ancora detto la fonte, «sembra che il ministero dell’Interno abbia finito per accettare l’ipotesi che una missione della Nia si rechi a Roma per l’interrogatorio», e che magari contemporaneamente si faccia uso di lettere rogatorie. Questo perché, si precisa, vi potrebbero essere dubbi in base al Codice di procedura penale indiano sulla validità di un interrogatorio svolto sul suolo italiano. Ma secondo gli esperti, l’azione parallela di un team della polizia investigativa e di giudici impegnati in una rogatoria sembra quanto mai difficile da realizzare. Comunque, il passo indietro del ministero dell’Interno potrebbe essere stato determinato anche dal fatto che un eventuale ricorso al massimo tribunale indiano avrebbe allungato molto i tempi della chiusura delle indagini. Sono infatti in calendario in India un gran numero di feste da qui alla fine dell’anno, con il rischio di uno slittamento del responso della Corte Suprema in gennaio o febbraio, veramente troppo sotto la campagna elettorale che si avvicina a grandi passi in India. Il “metodo indiano” prosegue…