Marò, l’India si irrigidisce: «Riteniamo impossibile un accordo extragiudiziale»
L’India, dopo il rifiuto del governo italiano di mandare i quattro fucilieri di Marina nel Paese asiatico a testimoniare, si irrigidisce: «In una vicenda penale solo un tribunale può ordinare una forma di accordo, se mai ve ne sia uno, tenendo conto dei capi d’accusa e di altre questioni»,
ha infatti dichiarato oggi il ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid, rispondendo alla domanda di un giornalista riguardante la vicenda dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ingiustamente detenuti in India dal febbraio dell’anno scorso per una vicenda assolutamente non chiara. Secondo l’agenzia di stampa indiana Pti, il ministro ha ripetuto che «siamo di fronte ad un processo penale e per questo non vedo alcuna possibilita’ di accordo extra-giudiziario». Nei giorni scorsi la questione di un possibile accordo extra-giudiziario era emersa nei media indiani ed era stata smentita all’agenzia Ansa da fonti del governo a Nuova Delhi. La chiusura delle indagini sull’incidente del 15 febbraio 2012 è bloccata dal fatto che la polizia investigativa Nia ritiene fondamentale prima di presentare il risultato del suo lavoro al giudice interrogare gli altri quattro marò che formavano con Latorre e Girone il team di sicurezza sulla nave “Enrica Lexie”. Di fronte all’impossibilità di disporre dei quattro a Nuova Delhi per l’opposizione del governo italiano, la Nia è entrata in una fase di complesse consultazioni con i ministeri dell’Interno e della Giustizia e con la Procura della Repubblica, fasi tipiche di quel “metodo indiano” a cui Nuova Delhi è più volte ricorsa in questa incredibile vicenda. Giorni fa The Economic Times aveva sostenuto che il governo sembrava incline all’invio di una delegazione della polizia investigativa a Roma.