Nel Pdl si litiga, ma i sondaggi sono incoraggianti. Non sarebbe meglio evitare il congresso sui giornali?

15 Ott 2013 10:49 - di Gennaro Malgieri

Ma Berlusconi non aveva raccomandato ai ministri e parlamentari del Pdl di non esternare eccessivamente, di mordersi la lingua insomma prima di parlare, di non dare adito a polemiche con le loro contrastanti prese di posizione? Macché, parole al vento quelle del capo. Ognuno continua a dire la sua ed i toni sono sempre più aspri. Perfino su temi berlusconianamente più “sensibili” come l’indulto e l’amnistia. Sorprende, anche se non più di tanto, che ognuno intervenga su qualsiasi argomento senza tener conto delle possibili reazioni che può suscitare nel partito. Al punto da configurare almeno due soggetti contrapposti, quelli che per comodità di linguaggio (un tantino volgare, ne converrete) vengono definiti “lealisti” e “governativi”: sempre meglio di “falchi” e “colombe”, comunque, anche se la sostanza non cambia.

Insomma, il Pdl sembra entrato in quella fase che prelude alla scissione, come paventato, con crudele lucidità da Fabrizio Cicchitto. Dal  momento che le posizioni di giorno in giorno si fanno sempre più inconciliabili, non resta altro, si dice, che dividersi. La soluzione ci sarebbe, ma almeno i due terzi del partito (stando alle conte interne) non vogliono sentirla nemmeno ipotizzare: una diarchia Berlusconi-Alfano nel segno della continuità e del rinnovamento. E noi, dicono quelli che si riconoscono in Raffaele Fitto, che ci stiamo a fare, i portatori d’acqua?

Hanno ragione entrambi. Poiché due sono le inconciliabili tendenze che stanno mandando a gambe all’aria il Pdl. E non sono minimamente ricomponibili, neppure sotto la monarchia assoluta di Berlusconi il quale, conscio del suo limitato potere in questo momento dovuto ai noti motivi politico-giudiziari, non riesce più neppure ad esercitare quella moral suasion che in altri tempi otteneva gli effetti desiderati.

Dunque, due posizioni  si fronteggiano. E non appaiono ricomponibili. Sarebbe ordinaria dialettica che la discussione si svolgesse nei luoghi propri che non esistono, non sono mai esistiti nel Pdl, a parte Palazzo Grazioli dove, come si sa, non si svolgono assise di partito, ma soltanto riunioni di gruppi e difficilmente si arriva, come in questi drammatici giorni, a prendere una decisione che vada bene a tutti.

Ecco, allora, che il congresso negato o perfino la riunione dell’Assemblea nazionale statutariamente prevista, si svolgono sui giornali, nella maniera più pubblica, plateale ed irregolare che si possa immaginare offrendo un quadro desolante della situazione complessiva del partito che, a dispetto delle polemiche che lo attraversano, gode di una buona tenuta nei sondaggi di opinione, a dimostrazione del fatto che c’è un elettorato che non molla, che non si dà per vinto, che non desiste. Un elettorato che rappresenta lo zoccolo duro del centrodestra contro il quale nessun Renzi riuscirà ad averla vinta.

La constatazione dovrebbe indurre il Pdl a ripensarsi per poter risalire la china (non bastano le percentuali pur incoraggianti attuali) e proporsi come motore di un altro centrodestra. Rinnovato, nonostante tutto. Sempre la che la “guerra” non cessi, naturalmente.

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