Quattro in pagella: il “piddì” Zanda non sa correggere nemmeno gli appunti. E si becca gli sfottò

2 Ott 2013 19:20 - di Girolamo Fragalà

Gli esami non finiscono mai, anche per i politici di medio o lungo corso, specie per quelli che vogliono a tutti i costi ritagliarsi uno spazio ed entrare nell’Eden dei leader. E può capitare che – proprio nel giorno dell’esame – si finisca per fare una figuraccia storica perdendo punti e credibilità. Stavolta a lasciarci le penne è stato il capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda. Aveva i riflettori addosso, le dirette televisive e radiofoniche, una platea che mai avrebbe immaginato. Spettava a lui fare la dichiarazione di voto per il partito, aveva preparato tutto nei minimi dettagli, punti e virgole, punti esclamativi e parentesi. Magari, scherza qualcuno nei corridoi di Palazzo Madama, aveva fatto anche le prove davanti allo specchio. Ma è stato sfortunato perché, poco prima di lui, in aula è intervenuto a sorpresa Silvio Berlusconi annunciando – con un coup de théâtre – il sì al voto di fiduciaAccidenti, e adesso? Zanda si è ritrovato tra le mani gli appunti, il discorso ormai mandato a memoria, un attacco contro chi «irresponsabilmente» voleva far cadere il governo. E giù la solita litanìa contro il Cavaliere, la giustizia e chi più ne ha più ne metta. Qui casca l’asino. Il capogruppo democratico avrebbe dovuto aggiornare mentalmente l’intervento, adeguarlo alla novità politica della giornata, smussare gli angoli, capire che l’odiato nemico stava per votare a favore del suo amato amico. Troppo difficile, non ce l’ha fatta, non era nelle sue corde e forse nelle sue capacità. Al microfono parlava come se non fosse accaduto nulla, come se il leader del centrodestra avesse detto di votare la sfiducia. Uno scivolone che ha lasciato di stucco l’aula che dopo un momento di perplessità ha iniziato a rumoreggiare. «Basta, basta», hanno urlato dai banchi del Pdl. «Vergogna, vergogna». Poi c’è stato l’affondo di Alessandra Mussolini: «Io so solo che a Zanda glie l’abbiamo messa in quel posto». Il capogruppo piddì bocciato senza appello. Perché non si sostiene un esame universitario di Storia se non si conoscono nemmeno i nomi dei sette re di Roma. Zanda ha tentato di impararli, ma non è andato oltre quello di Numa Pompilio.

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