A Tripoli gli “eroi della rivoluzione” sparano sulla folla: 37 morti e 300 feriti

16 Nov 2013 10:08 - di Redazione

Tripoli nel sangue. Almeno trentasette persone hanno perso la vita venerdì dopo che una manifestazione pacifica contro le scorribande di un gruppo di miliziani di Misurata – che spadroneggia in un quartiere della città – è degenerata in violentissimi scontri, tra i più cruenti dalla caduta di Muammar Gheddafi nel 2010. Il bilancio delle vittime, un vero bollettino di guerra, sale di ora in ora con fonti governative che parlano di almeno 37 morti e oltre 300 feriti. Il premier Ali Zeidan – che alcune settimane fa era stato arrestato’ illegalmente da miliziani e trattenuto per diverse ore – ha intimato a tutte le milizie armate di lasciare Tripoli, senza eccezione alcuna, definendo la situazione «pericolosa». Gli ha fatto eco il ministro della Cultura, Hassan al-Amine, che ha chiesto un »cessate il fuoco a tutte le fazioni armate affinché il governo possa prendere le misure necessarie e ristabilire la calma nella capitale». Ma gli appelli sembrano cadere nel vuoto. La manifestazione dei tripolini era stata indetta nei giorni scorsi per chiedere al governo di attuare la legge 27 che prevede che i miliziani – considerati “eroi della rivoluzione” quando venne rovesciato il regime di Gheddafi – siano integrati nell’esercito regolare oppure che le loro unità vengano smantellate. La capitale è stata del resto la settimana scorsa teatro di scontri armati pesanti tra milizie rivali. E i combattimenti hanno provocato la morte di tre persone e almeno 29 feriti oltre a ingenti danni materiali.

Le violenze sono esplose nel quartiere di Ghargur, davanti alla sede della milizia di Misurata, dopo che un centinaio di persone si erano radunate pacificamente in un corteo di protesta davanti all’edificio. Per tutta risposta i miliziani che hanno aperto il fuoco sulla folla. In un primo momento hanno sparato in aria, poi hanno puntato ad altezza uomo e mietendo le prime vittime. La situazione è degenerata. Un reporter di Reuters ha visto un cannone anti-aereo sparare dal complesso che ospita i miliziani. I manifestanti in un primo momento sono fuggiti poi, dopo essersi armati, sono tornati indietro e hanno fatto irruzione negli edifici dove erano trincerati i miliziani. Sul posto sono giunti decine di carri armati dell’esercito e polizia che hanno cercato di separare i due gruppi, transennando l’area. I miliziani Ghargur, da parte loro, sostengono per bocca del leader Taher Basha Agha di «essere stati attaccati per primi e d’aver reagito per difesa». Ma il premier Zeidan li ha accusati di aver aperto il fuoco su «una manifestazione pacifica» e di aver ucciso almeno «27 martiri» fra i dimostranti. Testimoni raccontano scene di guerriglia urbana con sparatorie, esplosioni e fuggi-fuggi generale. Sui cieli della città sono stati visti volare aerei militari, mentre per le strade è un via-vai di ambulanze e gli ospedali sono in difficoltà. La situazione della sicurezza in Libia è ad alto rischio non solo a Tripoli. Da giorni la protesta dei berberi blocca infatti la distribuzione di gas e petrolio dall’impianto di Mellitah, gestito dall’Eni e dalla compagnia petrolifera nazionale libica (Noc). Una protesta che sta mettendo a rischio la produzione di corrente elettrica in tutta la parte occidentale del Paese. Intanto il Dipartimento di stato Usa ha offerto una ricompensa di 10 milioni di dollari a chiunque fornisca informazioni per trovare i responsabili dell’attacco al consolato americano di Bengasi, costato la vita nel 2012 a quattro americani, tra cui l’ambasciatore Chris Stevens

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