Consiglio nazionale Pdl (-8): ci sono ancora margini per ricomporre le divisioni
Con l’avvicinarsi del 16 novembre, la data decisa da Silvio Berlusconi per tenere la riunione del Consiglio nazionale chiamato a ratificare il passaggio a Forza Italia, la fibrillazione nel Pdl aumenta. «Non riesco proprio a capire come si possa ipotizzare una divisione nel Pdl se tutti ci si riconosce nel leader Silvio Berlusconi. Altrettanto, non capisco come si potrebbe ancora appoggiare un governo che ha presentato una legge di stabilità che non affronta alcuno dei nodi economici e che non accoglie le istanze del centrodestra». Così il senatore del Pdl Altero Matteoli, nel difficile ruolo di pontiere tra falchi e colombe del partito. «Credo che i margini per ricomporre le posizioni diversificate all’interno del partito ci siano – premette Matteoli – e che solo restando uniti e quindi forti si può provare a cambiare la finanziaria. Diversamente, sarebbe una sconfitta per tutti ma soprattutto per il Paese su cui ricadrebbero gli effetti delle incomprensibili divisioni». L’augurio di «un’unità reale e non di facciata», viene formulato anche da Raffaele Fitto: «Se è vero che siamo tutti d’accordo sul passaggio a Forza Italia e sulla leadership di Berlusconi, non ci si può chiedere un sostegno a prescindere al governo, ma voteremo una legge di stabilità che torni a parlare al Paese, e che non porti aggravi delle tasse, come invece purtroppo oggi è. Oggi il richiamo – ha aggiunto Fitto – è alla lealtà verso chi ci ha guidato nella campagna elettorale, e ai nostri elettori, ai quali abbiamo promesso l’abolizione definitiva dell’Imu». Sponda opposta, ma augurio identico all’interno del Pdl è formulato da Maurizio Lupi. «Ci auguriamo che il consiglio nazionale non sia lo scontro di chi vuole avere la rivincita sul 2 ottobre e cioè sulla decisione di Berlusconi di sostenere il governo», commenta il ministro delle Infrastrutture, a margine di un convegno a Pescara sottolineando che la «battaglia legittima» contro la decadenza di Berlusconi non può «mai mettere in gioco l’ interesse del Paese».