Crolla il castello di menzogne della sinistra: con la Marina Militare niente più vittime

11 Nov 2013 19:41 - di Francesco Signoretta

Niente più naufragi, niente più vittime nelle nostre acque. E non lo si deve né a chi ha criticato la Bossi-Fini approfittando della tragedia di Lampedusa, né alle prese di posizioni surreali della Kyenge. Il merito è tutto della Marina militare italiana, chiamata ad assumersi l’onere dell’operazione Mare Nostrum:
sono state compiute 16 operazioni di soccorso che hanno consentito di assistere 3.374 persone, di cui 1.993 i recuperati a bordo con 215 donne e 259 minori. Di fronte alla strage di alcune settimane fa, si è capito che c’era bisogno di un approccio serio e che dare la colpa al reato di clandestinità o al rigore significava solo prestarsi a un gioco politico amplificato da chi aveva tutto l’interesse a farsi un po’ di propaganda gratuita. Si è fatto dunque ricorso alle navi per pattugliare il mare. I risultati sono già evidenti: la professionalità e l’umanità della Marina pagano anche questa volta. A tracciare un primo bilancio della missione è  stato l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, a Malta, accanto al ministro della Difesa Mario Mauro durante il sopralluogo che il premier Enrico Letta ha voluto fare – a margine della sua visita a La Valletta – sulla nave Durand De La Penne per ringraziare l’impegno dei militari italiani. E i numeri non lasciano dubbi. De Giorgi, illustrando i dati dell’operazione che porta così a 8.065 le persone soccorse complessivamente da inizio 2013, ha ricordato che all’operazione che ha consentito di «riprendere il controllo» del mare: «Tutte le barche di migranti sono state intercettate prima dell’arrivo sulle nostre coste» e si è contrastato il traffico di esseri umani, come dimostra l’operazione che ha permesso l’arresto di 16 scafisti. La «cattura di navi madri è tra gli obiettivi principali» della missione, ha proseguito De Giorgi, ribadendo che  il concetto alla base di tutto lo schieramento delle nostre navi è che non  si accetta «che il mare diventi un luogo di morte dove i trafficanti possano continuare a fare i loro sporchi affari». Nell’operazione – ha ricordato – sono impegnate «cinque unità navali con elicotteri e aeromobili a terra tra cui un drone dalla Sicilia o dalla Puglia, con una operazione  che controlla circa 43mila chilometri quadrati, dalle coste della Tunisia alle acque davanti alla Libia fino al trapezio verso il Mediterraneo orientale, con un dispositivo che coinvolge tutte le agenzie che in Italia lavorano sul mare». Un’operazione che sta richiedendo anche «l’impegno di navi più grandi, capaci di stare fuori con il maltempo, a fronte di un aumento sensibile di numero di migranti per imbarcazione». Per un lavoro, ha concluso, la cui «chiave dell’intervento in mare è intervenire prima, prevenire il naufragio».

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