Dopo lo scontro a distanza tra Berlusconi e Alfano, la partita nel Pdl è chiusa. La “conta” non serve più

11 Nov 2013 10:18 - di Gennaro Malgieri

La partita nel Pdl è già finita. Non bisogna attende l’esito del Consiglio nazionale di sabato prossimo (che potrebbe anche non svolgersi) per sapere come andrà a finire. Tutto quello che è stato messo in piazza finora è più che sufficiente per farsi un’idea dello stato dell’arte. Non c’è più niente da fare e, come cantavamo tanto tempo fa, “è stato bello sognare”. Sognare un grande partito nazional-conservatore, dinamico, proiettato nelle grandi questioni globali, motore dell’indispensabile rinnovamento istituzionale e culturale, capace di produrre mutamenti nella società civile tali da risollevare un Paese che in vent’anni è affondato del tutto, e non solo economicamente…

Adesso è inutile ripercorrere quel sogno che si accese agli albori degli anni Novanta, quando, sotto l’incalzare della tempesta di Tangentopoli, sembrava che il vecchio mondo stesse per essere occupato da nuove forze in grado di mutare i destini italiani. Non è andata così.

E questa settimana si conclude un percorso accidentato tra macerie che non sarà facile rimuovere. La finale resa dei conti nel Pdl (mai fu più sciagurata la nascita di un partito fondato su “quote” piuttosto che su idee) potrebbe avvenire nei prossimi giorni. Del resto perché aspettare ancora?

Quando Alfano dice che il governo andrà avanti nonostante la decadenza di Berlusconi; quando Bondi attacca coloro che con lui hanno collaborato per anni con accenti che non assomigliano affatto ai suoi delicati versi che a molti di loro dedicava; quando Berlusconi risponde al segretario del suo partito dicendo che  il suo atteggiamento e quello dei suoi amici è un “tradimento” (ecco, sempre il solito anatema) nei confronti degli elettori, così come quello di Fini tre anni fa, è ancora necessario tenere una seduta del Consiglio nazionale per verificare la possibilità della coesistenza di gruppi che più lontani non si potrebbero immaginare?

Una storia è finita. Se ne prenda atto. E davvero non serve una conta interna per certificarla. Sarebbe oltretutto umiliante. Per tutti. Ognuno prenda la strada che ritiene e si metta fine alla stucchevole pantomima di dichiarazioni ed anatemi che sta scadendo nella volgarità. Di questo gli elettori del centrodestra non ne possono davvero più.

Del resto che senso avrebbe accanirsi ancora fingendo di deporre le armi dopo le parole definitive – al di là degli insulti che sono voltati tra falchi e colombe – pronunciate da Alfano e Berlusconi? Qualcuno davvero potrebbe credere, se la finzione continuasse, nella resurrezione del “partito dell’amore”? E potrebbero nuovamente andare a braccetto coloro che si sono scambiate accuse velenose e sanguinose negli ultimi giorni? Via, un po’ di realismo anche quando la mente è annebbiata dal risentimento.

Insomma, l’unica cosa sensata da fare  è prendere al più presto atto che il Pdl non esiste più. Che Forza Italia forse nascerà, ma non può essere affare degli antagonisti filo-governativi. Che il passaggio all’opposizione di Berlusconi è inevitabile e, dal suo punto di vista, più che ragionevole. Agli altri, a quelli che non ci stanno al tanto peggio tanto meglio, spetta l’onere di far fruttare i voti di cui dispongono al Senato e alla Camera, ma non soltanto per assicurare la sopravvivenza del governo Letta, bensì per promuovere una nuova aggregazione politica con la quale dovranno necessariamente presentarsi alle elezioni europee del maggio prossimo. Alfano e compagnia cantante lo avranno messo in conto questo passaggio cruciale, e certamente si regoleranno di conseguenza.

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