Hollande sepolto dalle rivolte “colorate”: dopo i berretti rossi arrivano i gilet gialli
15 Nov 2013 14:30 - di Romana Fabiani
Nella polvere, magari colorata ma sempre polvere. «Se andiamo avanti di questo passo – ha commentato sarcasticamente Le Parisien – tra un mese per trovare un estimatore del presidente Hollande avremo bisogno della lanterna di Diogene». Nella storia della Quinta Repubblica non era mai accaduto che il gradimento di un Capo dello Stato, neppure nei momenti più drammatici, scendesse sotto il 30%.Oggi è successo. Monsieur le president, il campione di socialismo eletto a furor di popolo solo 18 mesi fa, è riuscito nell’impresa scendendo al 15 per cento di popolarità. Il lento declino è cominciato con il movimento di piazza contro il matrimonio e l’adozione gay che ha infiammato Parigi per mesi (le manif pour tous), poi la rivolta dei berretti rossi in Bretagna che testimonia l’insofferenza della pancia profonda del Paese, appoggiata perfino dall’ex candidata alle presidenziali (ed ex compagna di Hollande) Ségolène Royal, e oggi i gilet gialli, indossati da genitori e da insegnanti in sciopero contro la riforma scolastica voluta dal ministro dell’Istruzione Vincent Peillon. Non è escluso che i tanti rivoli di protesta si trasformino in un’unica gigantesca insurrezione di massa. I francesi rimproverano all’inquilino dell’Eliseo, fischiato sette giorni fa sotto l’Arco di Trionfo, tutto quello che non va: dalla tassazione stellare (tra le più alte d’Europa) all’economia che ristagna ( una settimana fa la Francia è stata declassata da Standard & Poor’s da AA+ ad AA) alla disoccupazione record. I socialisti doc, delusi dal bluff, lo accusano di “autismo”, quella sindrome che rende incapaci di collegarsi con la gente. Quel che manca – è l’opinione sempre più frequente nell’opinione pubblica – è una direzione di marcia, un’idea di sviluppo che non insegua le occasioni e le polemiche del giorno. Tutto sommato a François Hollande viene chiesto semplicemente di “fare il presidente”, di non restare in balìa delle proteste e delle lotte di Palazzo (il ministero dell’Economia è un campo di guerra permanente).« Hollande – dice il politologo Stéphane Rozès – non dice ai francesi dove vuole portare la Francia». E nessuno vuole continuare al buio, tanto meno i cavalli vincenti della scuderia socialista: la candidata a sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, da giorni sollecita un rapido rimpasto di governo, possibilmente con cambio di premier, per evitare una disfatta storica alle elezioni comunali ed europee della prossima primavera.