Il manifesto del Papa per una “nuova Chiesa” riparte dal Vangelo: scendere dal pulpito e tornare in prima linea
I portoni di San Pietro aprono ad una nuova Chiesa: quella che scende in prima linea, non limitandosi a guardare da un pulpito altisonante quanto lontano. Quella che segue il faro del Vangelo. La chiesa delle periferie, capace di uscire dai confini teologici e di addentrarsi nelle periferie lontane, nei luoghi del dolore e del disagio. La Chiesa dei diseredati, aperta a tutti. La Chiesa, insomma, di chi viene da una diocesi molto lontana, ai «confini del mondo», come Papa Francesco stesso ha detto il giorno della sua elezione. È la Chiesa del futuro annunciata da subito, e delineata giorno dopo giorno, dal pontefice argentino, quella teorizzata nelle pagine di quella che è apparsa sin dalle prime righe come molto più di un’esortazione apostolica: il manifesto programmatico del pontificato di Bergoglio enucleato nella Evangelii gaudium firmata da Papa Francesco a conclusione dell’Anno della fede, e centrata sulla nuova evangelizzazione. Un testo dal potente significato simbolico e al tempo stesso incisivo pragmaticamente; intriso di spiritualità e umanità, che riparte dal discorso interrottosi all’enciclica wojtyliana Ut unum sint del ’95, citata da Papa Bergoglio, in cui Giovanni Paolo II chiedeva – come ricorda il pontefice – di essere aiutato a trovare «una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova».
Duecento pagine in cui il Vescovo di Roma, Vicario di Cristo, proponendo una «trasformazione missionaria della Chiesa», esortando ecclesiastici e cristiani ad «uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo», di fatto invita a «pensare anche a una conversione del papato», per renderlo più adatto al ministero di servizio. Il documento, che rilancia e sistematizza molte delle considerazioni fatte da Bergoglio nei primi mesi di pontificato nelle omelie, negli interventi e incontri pubblici, il Papa invita la Chiesa a «prendere l’iniziativa senza paura, ad andare incontro, a cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi», essendo capace di una «evangelizzazione gioiosa». Un testo che sollecita ecumenicamente la famiglia ecclesiastica tutta a trovare nuove strade, altri metodi, un linguaggio spirituale più eloquente e illuminante, «parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale». Un mondo attuale, ammonisce il pontefice, che con la sua «molteplice ed opprimente offerta di consumo», corre il rischio di chiudersi in una «una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata». «Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi – scrive papa Francesco nella esortazione Evangelii gaudium – non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene».
Il testo pontificio, che destruttura e riedifica teoricamente ruolo e compiti della Chiesa, si sofferma allora su una serie di questioni: la riforma ecclesiastica in uscita missionaria; le tentazioni degli operatori pastorali; la Chiesa intesa come la totalità del popolo di Dio che evangelizza; l’omelia e la sua preparazione; l’inclusione sociale dei poveri; la pace e il dialogo assistenziale; le motivazioni spirituali per l’impegno missionario. E, soprattutto, tra le righe dell’esortazione apostolica, una perorazione contro l’idolatria del denaro, un pericolo da sconfiggere con l’arma della gioia della fede puntata contro la coscienza isolata e l’autoreferenzialità. Una Chiesa, quella proposta da papa Francesco, pronta a uscire allo scoperto e a rinnovarsi nello spirito e nel corpo. Le «buone strutture – osserva infatti il pontefice latinoamericano – servono quando c’é una vita che le anima, le sostiene e le guida», e oggi va attuato un «improrogabile rinnovamento ecclesiale». Pietre fondanti del rinnovamento auspicato nel testo, sembrano essere le parrocchie, come «presenza ecclesiale nel territorio», e le altre istituzioni ecclesiali, esortate insieme con le Chiese particolari, a un «deciso processo di discernimento, di purificazione e di riforma». Un processo, annuncia Bergoglio, che deve partire dall’apice e arrivare a coinvolgere le basi: al vescovo, che deve saper stare davanti, in mezzo o dietro al popolo, a seconda delle circostanze e delle esigenze, il Papa chiede di essere «audace e creativo». «E dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri – scrive Papa Francesco – devo anche pensare a una conversione del papato. A me spetta, come Vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione».