Il pm milanese: “Condannate la Santanché”. Perché andò in piazza contro il burqa…
Un mese di arresto e cento euro di multa sono stati chiesti per Daniela Santanchè imputata a Milano per manifestazione non autorizzata per aver organizzato, senza informare il questore, una manifestazione antiburqa davanti alla Fabbrica del Vapore il 20 settembre 2009. Il pm ha inoltre chiesto duemila euro di multa per l’egiziano che quel giorno aggredì la parlamentare durante un alterco. L’uomo, Ahmed El Badry, accusato di lesioni, sferrò un pugno nello sterno alla deputata, allora leader del Movimento per l’Italia. A Daniele Santanchè, che si è presentata al processo per rendere esame con la doppia veste di imputata e parte offesa, è stato contestato dal pm – in questo caso è stato un vice procuratore onorario – di essere stata “promotore” di quella manifestazione avvenuta senza aver inviato, con le modalità volute dalla legge, «una formale comunicazione» al Questore. Manifestazione organizzata nel giorno di chiusura del Ramadam e alla quale hanno partecipato 10/20 persone per protestare contro l’uso da parte delle donne musulmane del burqua, che ha definito in aula «una prigione portatile». Come ha detto la stessa Santanchè davanti al giudice, quella mattina aveva avvertito «personalmente, chiamando dalla mia auto con il mio cellulare, il Questore». Una telefonata che annunciava il suo arrivo al presidio con tanto di scorta ma che, secondo il magistrato, non rientra nelle modalità volute dalla norma. Il rappresentante dell’accusa, nel chiedere un mese di arresto e 100 euro di multa specificando che quello di cui risponde la parlamentare è un reato contravvenzionale, ha sottolineato che l’allora leader del Movimento per l’Italia merita la concessione delle attenuanti generiche per il suo comportamento processuale (si è fatta interrogare) e perchè incensurata. Il pm inoltre non si è opposto alla concessione alla Santanchè della non menzione e della sospensione della pena. Per il vice procuratore onorario, l’egiziano che quel giorno le aveva sferrato un pugno nello sterno fino a farla accasciare al suolo e qualche ora dopo costringerla a una visita in ospedale (i medici stabilirono una prognosi di 20 giorni), non merita invece le attenuanti generiche e nemmeno quelle «della provocazione in quanto ha colpito una persona, oltre tutto di sesso femminile, che esprimeva delle opinioni e non c’era motivo di colpirla».
Daniela Santanchè, nel rendere esame, ha ripetuto la versione che ha sempre dato della vicenda sostenendo ancora una volta di essersi recata alla Fabbrica del Vapore proprio durante la preghiera per la fine del Ramadam, per vedere «di persona» se le donne islamiche rispettavano la «legge dello Stato Italiano» che impedisce di andare per strada con il volto coperto. E poiché quel giorno aveva visto «decine di donne con il burqua», ne nacque una discussione con gli uomini della comunità musulmana che l’avrebbero anche insultata. «Ma io ero andata là per dire loro che la legge va rispettata e per cercare di dialogare – ha sottolineato – con gli uomini e le donne musulmane». In aula si ritornerà il 2 dicembre, giorno in cui ci dovrebbe essere la sentenza che era in programma per oggi ma che è slittata.