La Boldrini alla guerra dei sessi, appello alle donne contro i fratelli maschi: «Ribellatevi sin da bambine…»
Sale il termometro della polemica sociale: ad alzare la temperatura che regola lo scontro tra i sessi, ancora una volta, la presidente della Camera Laura Boldrini che, dopo aver sparato a zero contro i modelli femminili sdoganati a suon di stacchetti musicali e passerelle di bellezza da veline e aspiranti miss. Dopo aver messo al centro del mirino critico l’immagine della donna moderna riflessa dagli specchi deformanti di tv e pubblicità. Dopo aver catechizzato da ogni pulpito possibile contro il sessismo discriminatorio imperante nel mondo del lavoro, mettendo retrospettivamente all’indice la mancanza di strategie difensive prima, e offensive poi, ascrivibili all’universo sociale tutto, l’agguerrita terza carica dello Stato entra nell’intimità domestica e nelle abitudini familiari, e dopo aver messo all’indice l’immaginario collettivo che evoca mamme ai fornelli con grembiulini da cucina, torna a far sventolare la bandiera femminista, passando in rassegna quanto avviene tra le truppe familiari, incitando alla guerra fratricida: e nelle sue parole, la rivoluzione dei sessi diventa un tutti tutti contro tutti, a partire da fratelli e consanguinei.
Così, in vista della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne di lunedì prossimo – quando su invito della presidente della Camera parlamentari e ministre, attrici e cantanti, e persino la neo eletta Miss Italia, Giulia Arena, da lei riunite in Aula, leggeranno i monologhi firmati da Serena Dandini, Feriti a morte – la Boldrini rispolvera il decalogo della lotta tra i sessi. E in un’intervista a La stampa, alla domanda «da dove iniziare» per riscendere in campo, senza esitazioni risponde: «Dalle famiglie», perché – spiega – «le battaglie per la parità si iniziano sin da piccoli». E fiera dei suoi trascorsi bellici, nell’intervista ricorda quando lei e sua sorella si ribellarono contro i fratelli maschi e ai «soliti stereotipi» educativi propugnati dai genitori, sollevando un «moto autonomo» promosso a suon di «sciopero, perché il lavoro andava diviso in misura uguale per tutti». L’invito alle donne a «ribellarsi da bambine» arriva appena poche righe dopo, e suona proprio come una dichiarazione di guerra, più che come un manifesto programmatico socio-culturale: «Le figlie femmine – sostiene Laura Boldrini dalle colonne del quotidiano torinese – devono ribellarsi e dire che così non va; devono essere le prime a reagire, se i genitori non garantiscono parità». Come se i poveri genitori non avessero già abbastanza problemi a gestire la ribellione e il disorientamento dei figli: una confusione in parte anche frutto delle conquiste femministe che hanno sì sancito dei diritti negati, ma anche stemperato e fuso i ruoli maschili e femminili, materno e paterno, fino ad arrivare a svilirli entrambi. Intendiamoci, i propositi bellici iniziali rispolverati oggi dalla Boldrini erano assolutamente validi e condivisibili: la battaglia per un welfare finalmente compiuto ed operativo, in grado di aiutare davvero le donne chiamate ad affrontare le difficoltà quotidiane del doppio ruolo di lavoratrici e madri. La riconsiderazione politica e culturale del principio delle pari opportunità da trasformare in pratica quotidiana contro le discriminazioni oggettivamente imperanti, dalle stanze degli uffici alle sale dei bottoni, il cui accesso è ancora sostanzialmente negato alle donne. Ma spesso gli esiti vanno oltre, e non sempre in positivo. E allora, poteva bastare, no? E invece nel bersaglio mobile della presidente della Camera entra d’imperio anche la scuola: e allora, «l’educazione di genere nelle aule porterebbe equilibrio nella società», spiega la Boldrini, aggiungendo – a monito del ministro Carrozza che ha però in più occasioni ricordato come nelle scuole ci siano già molti progetti che riguardano la cultura di genere – che «che le materie inerenti al rispetto di genere e all’educazione sentimentale devono accompagnare il programma scolastico fin dalle elementari». Piccole femministe crescono… e vengono indottrinate.