Letta fa il cuor di leone: «L’Europa deve cambiare». E allora mostri i muscoli alla Merkel…
Non si chiama Riccardo, non è il duca di Normandia e nemmeno un eroe. Ma Enrico Letta vuol comunque sembrare un cuor di leone. Le “palle” d’acciaio non gli bastano più: va a Lipsia, al congresso Spd, e fa lo spaccone. L’Italia? Ce l’ha fatta da sola e vuole la svolta Ue. «Sento forte – afferma il premier – la responsabilità di un Paese dal cui successo o insuccesso può dipendere l’uscita dalla crisi europea. E sento forte questa responsabilità dopo il voto datomi dal Parlamento italiano il 2 ottobre». Si scopre centrale per le politiche europee e rivendica «la responsabilità per un’Italia che sia in grado di dimostrare che sa fare il proprio dovere fino in fondo, un Paese che rispetta le regole, che è tra i fondatori della Ue ed è europeista per davvero». Parole in libertà, perché Letta parla al congresso di un partito “amico” e non al Parlamento europeo, di fronte alla Commissione di Bruxelles o nel bel mezzo di uno di quei vertici da cui sono scaturite misure molto penalizzanti per l’Italia, la Grecia il Portogallo e la Spagna. La Germania l’ha fatta sempre da padrona e ha tratto molti benefici senza essere chiamata a risponderne. Dopo Berlusconi non si ricorda più nessuno che abbia avuto il coraggio di battere i pugni sul tavolo. Non l’ha fatto Mario Monti, sostenuto dalla Merkel dopo che il Cavaliere era stato costretto alle dimissioni per l’ormai nota “aggressione” sul fronte dello spread, non lo ha fatto l’attuale premier che si presenta ai vertici come uno scolaretto ansioso di prendere lezioni dal potente alleato: la Germania che fa affari d’oro con le proprie esportazioni, mentre tutti gli altri partner Ue si impoveriscono e sono chiamati a fronteggiare le sanzioni di Bruxelles. Adesso è ora, afferma Renato Brunetta, presidente dei deputati del Pdl, che quelle sanzioni scattino anche per i tedeschi. Letta, se vuole guadagnarsi il rispetto degli italiani e degli altri cittadini della Ue faccia sei domande alla alla Cancelliera «pro veritate, senza alcun timore reverenziale, senza subalternità. La posta in gioco non lo consente». Letta, «trovi il coraggio e porti da subito all’attenzione dell’Europa il dossier dei guadagni dell’economia tedesca». E faccia queste sei domande: «1. Faccia presente alla signora Merkel i guadagni degli ultimi dieci anni sull’ export, legati alla sottovalutazione strutturale dell’euro tedesco; 2. Faccia presente i guadagni degli anni della crisi dell’euro, legati ai livelli minimi dei rendimenti dei titoli di Stato tedeschi e al conseguente pagamento del servizio del debito a scapito degli altri partner europei; 3. Chieda conto dello stato comatoso delle sue Casse di Risparmio e il ruolo della finanza pubblica nei loro confronti; 4. Chieda conto dei trucchi della Cassa Depositi e Prestiti per aggirare le statistiche sul debito pubblico tedesco; 5. Chieda perché all’inizio della crisi, in maniera del tutto inspiegabile, Deutsche Bank ha venduto titoli del debito sovrano greco e italiano, innescando un circolo vizioso sui mercati finanziari; 6. Chieda conto dei comportamenti delle banche tedesche nei confronti della Grecia e dei titoli tossici che hanno in portafoglio». Se è cuor di leone, Letta agisca di conseguenza perché– dopo una stagione di sottomissione alla Merkel – è bene che la Cancelliera capisca che gli italiani non sono disposti a farsi (ri)svuotare le tasche.