“Mission”, nuovamente bocciato dalla rete: questo reality non s’ha da fare
A una settimana dalla messa in onda, il “reality social” Mission un record lo ha già battutto: quello delle polemiche. Il programma, che vede personaggi noti impegnati nei campi profughi, in onda il 4 e 12 dicembre su Raiuno, è ormai da mesi nel centro del mirino del web, ma nelle ultime ore il format è stato colpito ulteriormente, anche se non ancora del tutto affondato e, meno che mai, cancellato dal palinsesto di viale Mazzini, richiesta più volte avanzata online nelle scorse settimane. Così, dopo le accuse di inopportunità data la scelta del tema delicato. Dopo i rumors su ingaggi e compensi a tanti zero dei concorrenti vip, per l’occasione alle prese con un dramma umanitario. Dopo le accese discussioni politiche oltre che mediatiche, rilanciate dalle proteste di molte Ong, e approdate in Commissione di Vigilanza Rai, dove sono state tradotte in diverse interrogazioni, ora il dubbio sulla veridicità – o in subordine sull’attendibilità – della sua realizzazione sgombra dal campo qualunque altro tipo di diatriba. A scatenarle l’anticipazione in rete di un estratto della puntata che vedrà Emanuele Filiberto e Paola Barale impegnati in Congo, da parte del blog African Voices, che analizzando le immagini sostiene, tra l’altro, che non siano state girate in campi profughi, ma su set cinematografici. Le sequenze in cui i due protagonisti tv, vittime di turno dell’invettiva internetica, vengono ritratti mentre verniciano il muro di una scuola o mentre cucinano gomito a gomito con una famiglia congolese, hanno giù scatenato interventi polemici online che alludono senza troppe perfirasi al raggiro spettacolare. Sul sito di Vita, mensile sul mondo no profit, ad esempio si legge: «Viene da pensare che sia proprio un reality, condito da comparse africane». Immediata e veemente, naturalmente, arriva puntuale la replica. «Quello che meraviglia – ha dichiarato tra gli altri Nino Sergi, presidente di InterSos, la ong che insieme a Unhcr ha partecipato alla realizzazione della trasmissione – è che ci si pronunci su qualcosa che non si conosce, e che solo si immagina. Le critiche a priori, e addirittura le false ricostruzioni che circolano sul web, sono inaccettabili». Sarà inaccettabile, ma di sicuro non inedito, tanto che ancora recentemente la presidente della Camera, Laura Boldrini, prendendo atto di dubbi, riserve, stroncature ante litteram e ripensamenti dell’ultim’ora, si è vista costretta ad esortare a «evitare strumentalizzazioni e spettacolarizzazioni», dopo essere però stata lei stessa un’alleata della prima ora nella strutturazione del progetto televisivo, offrendo una preziosa sponda dall’alto del suo ex ruolo di portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Contributo interrotto quando, abdicato a quel ruolo, ha voltato le spalle all’esperimento, rinnegandone sviluppo e finalità. Oggi il programma è alla deriva sulla piattaforma globale della Rete, in procinto di attraccare nel porto della messa in onda. Ma il progetto del reality ambientato nei campi profughi di Sud Sudan, Mali e Congo, Ecuador e Giordania, dove vengono catapultati per un paio di settimane varie coppie celebri create ad hoc tra Michele Cucuzza, Barbara De Rossi, Al Bano, Catherine Spaak, Ricky Tognazzi e Arisa, e per l’appunto, Paola Barale ed Emanuele Filiberto, naviga in acque tempestose. Una mission, quella dei protagonisti, sempre più impossible, che a questo punto ha gli occhi degli internauti puntati militarmente contro. Telespettatore avvisato, mezzo salvato…