Nonostante tutto il centrodestra è maggioritario. Sarà in grado di capitalizzare le differenze che lo compongono?
È guerra di sondaggi. Almeno tre istituti danno risultati diversissimi riguardo alla presumibile consistenza elettorale del Nuovo centrodestra di Alfano e, di conseguenza, della rinnovata Forza Italia. A chi bisogna credere? I sostenitori dell’uno e dell’altro partito sono oggettivamente disorientati e lo resteranno finché la macchina politica di entrambi non comincerà a girare a pieno regime. Siamo ancora nella fase dei rancori non metabolizzati, degli assetti (non facili) da trovare e di proposte politiche alternative e credibili: un po’ presto, insomma, per farsi un’idea di ciò che potrà essere tra qualche tempo la galassia del centrodestra. Anche in considerazione della forma e della struttura che assumeranno le componenti di destra-destra la cui ascesa, sempre nei sondaggi, sembra incoraggiante. Anche in questo caso è presto per dire quale sarà l’evoluzione dei diversi soggetti, se riusciranno a mettersi insieme (magari federandosi) oppure se decideranno di competere a viso aperto l’un contro l’altro.
In questo contesto frastagliato non va dimenticata la Lega che con ben cinque candidati alla segretaria, ognuno fautore di una diversa concezione del partito, ha pur tuttavia ben chiaro che il suo ruolo nelle regioni del Nord (ne amministra ben tre) non può ridursi alla marginalità. Dunque è più che probabile una sua iniziativa, quale che sia l’esito congressuale, per riagganciare le altre forze del centrodestra e rilanciare una proposta politica unitaria sul territorio prescindendo perfino da quello che è l’atteggiamento nei confronti del governo nazionale.
Come si vede un arcipelago frastagliato si propone ad un elettorato che, sempre secondo i sondaggi, sarebbe maggioritario nonostante le difficoltà. Ciò è confortante e dovrebbe indurre i diversi movimenti a ridurre al minimo la conflittualità al fine di cercare d’imporre una proposta politica unitaria su pochi e qualificati temi che non assorba o elimini le diversità le quali, da quanto ci sembra di capire, dovrebbero essere il sale per riavvicinare un elettorato che negli ultimi anni, complice la conflittualità in un unico contenitore, si è disaffezionato al punto di disertare le urne. Questo elettorato non attende altro che di essere rimotivato e compreso.
Lo schema che venne immaginato ed attuato nel 2001 della Casa delle libertà potrebbe essere rivisto e riproposto alla luce degli avvenimenti che si sono verificati nell’ultimo decennio. Segmenti diversi animati da culture differenti ed espressioni di esperienze non omologabili o annullabili artificialmente potrebbero essere interpretati come tessere di un mosaico tutto da costruire in vista di un rinnovamento istituzionale, economico e sociale. Quanto alla leadership di una tale aggregazione – sempre attendendo la riforma elettorale alla quale conformarsi, naturalmente – lo strumento delle primarie sembra prevalere anche se sarebbe bene confrontarsi preventivamente sui pro ed i contro di una esperienza che fin qui non ha dato buoni risultati ed anzi ha contribuito a lacerare il Pd e la sinistra nella quale piuttosto che una proposta politica negli ultimi anni sono emersi personalismi perlopiù vuoti che ne hanno determinato sconfitte a ripetizione.
Ecco, la “personalizzazione” della politica crediamo che sia giunta al capolinea. Dopo l’esperienza unica ed irripetibile di Berlusconi, c’è bisogno di tornare a pensare ai partiti come si faceva una volta, vale a dire come un insieme, un “noi” insomma, e non più come l’aggregazione attorno ad un “io” indiscusso e carismatico anche perché di carisma intorno non se ne vede neppure l’ombra.
Non è un caso se un movimento che nel carisma dell’uomo solo al comando, il Movimento Cinque Stelle, aveva fatto un credo adesso ci ripensa e sembra che si appresti ad una traumatica scissione. Non ha “tenuto” Monti, difficilmente assumerà le fattezze del leader “intoccabile” Renzi, più osteggiato che amato, le cui ambizioni sconfinate saranno presto ridimensionate da una nomenklatura che non si arrende di fronte ad un giovanotto che ogni giorno che passa dà l’impressione di essere il prodotto di un’abile orchestrazione mediatica sostenuta dai soliti “poteri forti” che tanto forti non saranno poi, ma comunque non certo deboli da privarsi del “piacere” di inventare un governante o almeno un capo-partito dalla caratura politica piuttosto indefinibile a giudicare da quello che dice.
Resta una domanda. Sapranno di fronte a tanta confusione le forze politiche ritrovare se stesse? Si ha l’impressione che di tutto si preoccupino tranne che di questo non marginale particolare. Da qui il senso di sconforto dei cittadini e della diffidenza dell’Europa verso l’Italia che è – come si intuisce – nei confronti della sua classe politica.