Pdl, salta la mediazione su un documento unitario alla vigilia del “consiglio”: si andrà alla conta, dentro o fuori
Niente ufficio di presidenza del Pdl in serata, salta il tentativo di abbozzare un documento di mediazione con una formula sul sostegno al governo in grado di soddisfare lealisti e governativi. Tutto rimandato a domani, dunque, quando al congresso nazionale si confronteranno le due linee. Il sipario del Consiglio nazionale che sancirà la fine del Popolo della libertà e la rinascita di Forza Italia sta dunque per alzarsi e nessuno sa dire come andrà a finire. Perché i numeri questa volta contano. E pesano anche sulla possibilità di una riuscita di una mediazione in extremis su un documento unitario. L’ordine del giorno di questo secondo (e ultimo) Consiglio nazionale del Pdl è scarno: apertura dei lavori, relazione del presidente Silvio Berlusconi, voto della delibera dell’ufficio di presidenza per il passaggio a Fi, conclusioni. Per giorni i “governativi” hanno chiesto a gran voce lo spazio per un dibattito e alla vigilia il Cavaliere fa sapere che non è un problema: «Domani – scrive in una nota – sarà l’occasione per confrontarci e discutere. Come in ogni famiglia». Ma non ci sarà niente da discutere, se Angelino Alfano e i suoi decideranno che la Fi a trazione “lealista” non è più la loro casa. Perciò, ancor più di quanto avverrà sul podio, con sullo sfondo le bandiere di Forza Italia, a contare sono i numeri. Anche in questa vigilia. Alle ultime battute di una guerra di cifre che, a voler tirare le somme sulla base dei dati forniti da lealisti e governativi, dà un totale di molto superiore agli 868 effettivi componenti del Cn (che sono parlamentari, ministri, coordinatori locali, presidenti di regione e provincia, sindaci di città capoluogo, dirigenti giovanili). In calce al documento dell’ufficio di presidenza, presentato da Berlusconi e sostenuto dai lealisti, si conterebbero al momento 650 firme. Ma, assicura chi lavora alla raccolta delle adesioni, nelle ultime ore stanno crescendo: “Chi era dall’altra parte, chiama per aderire”. Niente affatto, ribattono i “governativi”, che vantano oltre 300 firme al loro documento in otto punti in cui si conferma il sostegno all’esecutivo Letta. Una settantina di delegati avrebbero firmato entrambi i testi. Ma se ci sarà il “redde rationem”, domani, dovranno scegliere. Senza un accordo, l’ipotesi più probabile è che i governativi al Cn non si presentino. Dunque saranno le sedie vuote a dare il senso delle forze in campo (e dell’erosione del sostegno a Berlusconi), in una sala cui saranno ammessi soltanto i votanti. Nel caso, sempre più improbabile, in cui invece decidano di andare alla conta (ma vorrebbero evitare la rissa), chiederanno l’applicazione della norma per cui le modifiche allo statuto Pdl richiedono una maggioranza dei 2/3. I lealisti sostengono che non è questo il caso: il passaggio a Fi sarebbe una decisione politica, non una modifica statutaria. Ma se gli alfaniani volessero cavillare, non è escluso un finale a carte bollate. Tutto potrebbe cambiare se, anche all’ultimo secondo, si troverà una soluzione per l’unità, con un nuovo documento in tutti si riconoscano. «Il rischio scissione esiste», conferma Maurizio Gasparri, ma “confido che le ragioni della coesione prevalgano”. «Dovremmo dare ascolto alle parole di Berlusconi che nel pomeriggio ha detto: come fanno ad unirsi a noi gli italiani se noi ci separiamo? Non è meglio mantenere la dialettica all’interno di un partito, senza ultimatum? Poi valuteremo quando la decadenza sarà votata. Andiamo ai contenuti e cerchiamo di reagire a questo clima da ultima spiaggia».