Povera scuola italiana: ora in aula si studiano i testi di Zulù e dei 99 Posse contro lo Stato e i carabinieri
Un giorno, su un autobus che procedeva lentamente nel traffico napoletano, un corpulento ragazzone con la testa mezza rasata, la barbetta mefistofelica e una criniera cotonata, ricoperto da tatuaggi, orecchini, piercing e ammenicoli vari, rispose con un fermo “no” alla richiesta di un’anziana signora di cedergli il posto a sedere. E lei, leggermente incazzata, lo marchiò pubblicamente, a vita, davanti a tutti: «Sei proprio nù Zulù», appellativo che nel capoluogo partenopeo descrive in maniera sintetica ed efficace una persona dedita a uno stile di vita tribale, liberamente ispirato a un’etnia africana non proprio specializzata in bon ton oxfordiano.
Leggenda metropolitana? Mistero, anche se l’aneddoto è attribuito allo stesso protagonista. Di sicuro, da quel giorno, per tutti, Luca Persico fu Zulù, lo stesso che da oggi è oggetto di studio nelle scuole italiane. Foscolo, Leopardi, Pascoli, Ungaretti? Roba vecchia, superata. In aula va di moda la prosa del leader del gruppo dei 99 Posse, una band collegata al centro sociale Officina 99 che da anni ha trasformato dei capannoni alla periferia di Napoli in una zona franca dove lo Stato non si azzarda a mettere lo zampino manco per sbaglio. Da ieri è ufficiale, l’annuncio lo ha dato lo stesso corpulento cantante dalla pagina ufficiale di Facebook: «Siamo sui libri di scuola, dove andremo a finire?», con tanto di faccetta sorridente e foto della pagina di in volume della Bruno Mondadori “Le basi della letteratura”, destinato alle scuole secondarie.
E Moravia, Alda Merini, Eco, Baricco, i grandi cantautori italiani come Guccini, De Gregori, De André? Solo quest’ultimo è citato, sì, nella sezione intitolata «Gli adulti di domani», ma con la scusa di trattare il tema del disagio giovanile un paio di pagine sono state dedicate all’analisi del testo di “Curre curre guagliò”, l’inno ufficiale dei centri sociali dell’ultra sinistra, manco fosse una terzina di Dante. Si tratta, invece, di un pezzo che invita alla ribellione contro lo Stato oppressore, all’occupazione degli spazi pubblici, all’odio di classe “mosso da amore”. Oltre, ovviamente, al disprezzo per le forze dell’ ordine. Nel testo a disposizione delle scuole, come riporta anche il Corriere del Mezzogiorno, ipocritamente è stata fatta sparire la frase più provocatoria, quella in cui i 99 Posse denunciano l’atteggiamento a loro avviso arrogante dei celerini, “la risata in faccia di un carabiniere”, che giustificherebbe la ribellione. Ma tra canne, creste e okkupazioni, la notizia della “promozione” culturale dei 99 Posse ha comunque sollevato grandi entusiasmi negli ambienti della sinistra antagonista, pronta ribattezzare quel “Curre curre guagliò” come “la nuova Bella Ciao”. A questo punto a Zulù potrebbe non essere precluso alcun traguardo, perfino il Nobel della Letteratura. Del resto, l’ha preso Fo.