Sugli appalti Rai un produttore denuncia “infiltrazioni mafiose” e chiede a Fico di “svegliarsi”
«Esiste un sistema che gestisce gli appalti della Rai, dove i funzionaretti di turno fanno il bello e il cattivo tempo. Un sistema che ha infiltrazioni mafiose. Nessuno ha il coraggio di denunciarlo, io ci ho messo la faccia e vado avanti nella mia denuncia». Lui si chiama Piero Di Lorenzo, ha fondato la Ldm, società che porta il marchio di tante produzioni Rai di successo (dalle fiction ai quiz televisivi) e da alcuni mesi sta portando avanti la sua personalissima battaglia. A trovare un paragone con il tipo di iniziativa presentata alla Residenza Ripetta, viene in mente Julian Assange. Con l’ideatore di Wikileaks Di Lorenzo non ha in comune la capigliatura folta, né i cablogrammi, ma lo spirito di giustizia (o di vendetta?). Nel caso dell’imprenditore campano c’è un dato: negli anni d’oro la sua azienda fatturava 18 milioni di euro all’anno. Dopo l’ultimo cambio dei vertici Rai, il fatturato è precipitato a due milioni. Di Lorenzo agli atti non produce cablogrammi o documenti riservati, ma sostiene di essere a conoscenza di piccole e grandi irregolarità dentro la Rai. Nella conferenza stampa lo affiancano i suoi legali, Alessandro Diddi e Antonio Ingroia. L’ex pm della Procura di Palermo e fondatore di Rivoluzione civile stavolta si presenta nell’inconsueta veste di avvocato: «Ci sono delle analogie nella denuncia effettuata da Di Lorenzo con il sistema del racket siciliano. Lì c’erano imprenditori minacciati, che avevano paura di denunciare. Qui abbiamo imprenditori che, per paura di non lavorare più con viale Mazzini, cedono ai ricatti e tacciono». Di Lorenzo aveva già tenuto a giugno una conferenza stampa a Strasburgo al Parlamento europeo. «Sono a disposizione del presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Roberto Fico – prosegue Di Lorenzo – ci sono tante cose che vanno conosciute e che hanno rilevanza politica e istituzionale. Eppure l’esponente del Movimento 5 Stelle si comporta come un doroteo e non vuole neanche ricevermi». Alla stampa Di Lorenzo svela qualche retroscena su un collaboratore «del pio moralizzatore Luigi Gubitosi». Come quella che riguarda il direttore delle relazioni istituzionali. «Era un ragazzo che lavorava per me dieci anni fa a 1033 euro al mese, che faticava a laurearsi. Poi è diventato assistente di Gubitosi in Wind e oggi è stato assunto con un contratto che costa alla Rai 240mila euro all’anno. Possibile che quel ruolo non potesse essere assolto da uno dei 1700 giornalisti regolarmente a busta paga della Rai?».
Affondi in stile Wikileaks, e l’intenzione di mettersi pubblicamente a disposizione di quanti avrebbero subito vessazioni o richieste di tangenti per lavorare con viale Mazzini. Di Lorenzo, che ha lasciato ogni carica nella società, denuncia pure il boicottaggio degli artisti della scuderia Ldm. «Il regista Vittorio Sindoni, uno dei migliori registi di fiction, non lavora più perché paga la colpa di avere lavorato per noi. C’è poi una autrice che l’altro giorno è venuta da me in lacrime. Non la fanno più lavorare per lo stesso motivo». Ma c’è soprattutto quella denuncia alla Procura della Repubblica, presentata la scorsa settimana: con un’accusa pesantissima. Infiltrazioni mafiose negli appalti di viale Mazzini. Assange-Di Lorenzo ha terminato. La Rai per tutta risposta attiva i suoi avvocati. La palla passa ora alla magistratura.