Tra farsa e tragedia il Pdl chiude i battenti. Ma nessuno sa dire che cosa accadrà dopo

15 Nov 2013 10:37 - di Gennaro Malgieri

Vorremmo poter scrivere che oggi è il “giorno della verità”, ma il clima è talmente torbido nel Pdl che azzardare qualsiasi previsione è del tutto inutile. Resta per fermo che – come abbiamo sostenuto da settimane – la storia del “partito dell’amore” (avvelenato) è finita. Non c’è più niente da fare. Neppure una convivenza di facciata per motivi di opportunità o di disperazione tra le due anime ostili potrebbe salvare ancora per un po’ quell’unità che tutti dicono di volere, ma che nei fatti gli stessi negano in radice. Insomma, sono tre mesi che si cerca di venire a capo di un contrasto che non è sanabile perché il punto di rottura è uno solo ed è insanabile: la decadenza di Berlusconi.

Intorno a questo problema ruota ogni cosa. Chi ne prende atto sostiene che il governo dovrebbe continuare a vivere per il bene dell’Italia; chi non ce la fa proprio a rassegnarsi, al contrario è convinto che il governo deve cadere e con esso la legislatura e dunque andare nuovamente alle elezioni anticipate sia pure nella deprecabile situazione economica e sociale nella quale il Paese versa. Insomma, muoia Sansone con tutti i filistei, secondo i lealisti; si salvi il salvabile, per i governativi. Con questi ultimi, curiosamente, è oggettivamente alleata l’ala più vicina a Berlusconi che non è quella politica, ma degli “affetti” che, non a torto, vede lo “strappo” con Letta gravido di conseguenze negative per le aziende del Cavaliere.

Ci si sarebbe aspettato dai falchi un po’ più di realismo in questa occasione. Invece vanno avanti come carrarmati, incuranti di quel che può succedere, pur di sbarazzarsi degli odiati “innovatori” che, naturalmente, secondo la vulgata del berlusconismo, sarebbero semplicemente “traditori”. Che cosa pensano di ottenere se davvero la legislatura cadesse, non è dato saperlo. Quel che è certo è che si ritroverebbero a dover affrontare una campagna elettorale incentrata su una sorta di referendum tra Berlusconi e la magistratura, con tutte le componenti della società italiana contro e gli stessi elettori di centrodestra disorientati e spaventati dall’inasprirsi della crisi dal conflitto con l’Unione europea.

La vittoria della sinistra sarebbe inevitabile oltretutto non potendo contare sull’impegno diretto di Berlusconi che, decaduto, non sarà candidabile  per i prossimi sei anni. Bel capolavoro.

Non è detto che Napolitano sciolga le Camere, comunque. Semmai, fedele al “patto” stipulato al momento del reinsediamento, si dimetterà piuttosto provocando una lacerazione del sistema ancor più grave di quelle che fin qui abbiamo visto. E c’è sempre la speranza che con i “governativi” si possano schierare una trentina di senatori in grado di garantire la sopravvivenza all’esecutivo almeno fino al 2015 per fare che cosa non chiaro posto che sulla legge elettorale le posizioni continuano ad essere distanti e se non si fa quella non si esce dal tunnel nel quale la politica si è infilata.

Comunque i conti dovrebbero essere tenuti a posto ed è già qualcosa sempre che i problemi non si aggravino e Letta altro non può fare che ratificare l’insostenibilità della situazione.

Insomma, mentre l’It

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