A volte ritornano: nel Pd è il momento delle liturgie post-democristiane
Al momento della scissione del Pdl con la nascita del Nuovo Centrodestra sembrava che la frattura avvenuta in casa berlusconiana potesse diventare il detonatore di una crisi di governo. Poi in poche settimane il clima in seno al centrodestra è migliorato e nonostante le differenze profonde Forza Italia e Ncd non hanno dato vita ad uno scontro aperto, pur guardandosi in cagnesco. Silvio Berlusconi ha tenuto a bada falchi, falchetti e giornali di famiglia evitando quel “metodo Boffo” che avrebbe bruciato troppi vascelli alle sue spalle, rendendolo isolato da tutto e da tutti. E addirittura ha espresso più volte nostalgia per il delfino Angelino Alfano, anche perché consapevole che non gli sarà facile trovare un candidato premier da contrapporre a Matteo Renzi nel perdurare della sua incandidabilità. Anche Alfano è stato prudente, si è piantato a piè pari nel centrodestra senza disconoscere il rapporto politico con Berlusconi, nella speranza di ereditare i voti del Cavaliere o, in via subordinata, di conquistarli nell’ambito di un’alleanza. Quello che doveva essere il detonatore per la fine del governo è stato quindi disinnescato, almeno nel versante del centrodestra.
A sinistra, invece, la situazione è più complessa, con l’avvio di uno scontro strisciante tra Renzi ed Enrico Letta che davvero può creare seri problemi al governo. La prima settimana dopo le primarie del Partito Democratico abbiamo già assistito ad un pesante botta e risposta tra i due. Il sindaco di Firenze ha costretto il Pd a votare assieme a Beppe Grillo e Nichi Vendola il trasferimento dal Senato alla Camera della legge elettorale, mettendo in un angolo Alfano e creando non pochi problemi al premier. Un uno-due sia perché apre ad un’alleanza a sinistra che taglia fuori il centrodestra alfaniano sia perché alla Camera il Pd è autosufficiente e questo permette a Renzi di dettare la linea fregandosene del governo.
Dopo poche ore è arrivata la risposta di Letta sul finanziamento ai partiti. Il neo segretario era pronto ad annunciare che il partito rinunciava ai soldi dei rimborsi elettorali, mettendo a segno un altro bel colpo in vista delle europee. Annusata l’aria l’inquilino di Palazzo Chigi ha ben pensato di sfilare un argomento tanto popolare al suo avversario interno ed ha abolito la legge sul finanziamento ai partiti per decreto legge – cosa oggettivamente forzata nel corso dell’esame parlamentare -, portando acqua al mulino del governo e prosciugando il pozzo renziano.
Il problema del governo, quindi, non è la scissione tra Berlusconi e Alfano, che sembrano orientati a trovare un modo per procedere divisi al fine di colpire uniti al momento del voto, ma la lotta sotterranea in casa Pd tra due diverse liturgie post-democristiane, con Renzi e Letta pronti a giocarsi tutte le loro carte personali in vista delle europee e delle politiche previste per il 2015.