Bambini e genere sessuale: la Russia ha le idee chiare. In Italia invece c’è chi ama la “confusione”
Si chiama Nikolai Alekseiev, è il più noto attivista gay di Russia e, da oggi, è anche il primo condannato in virtù della legge che vieta la propaganda omosessuale in presenza di minori. Alekseiev ha esposto un cartello con su scritto «La propaganda gay non esiste perché gay non si diventa, si nasce» davanti a una biblioteca per bambini nel nord della Russia. Per questo è stato condannato a pagare una multa di 4mila rubli, circa cento euro. Nessuna altra pena pende sul suo capo: la legge prevede solo sanzioni pecuniarie. Ma l’attivista ha comunque annunciato che si rivolgerà alla Corte europea per i diritti dell’uomo dopo che, sempre oggi, la Corte costituzionale russa ha respinto un suo ricorso contro la legge. Per la Corte la legge è, anzi, perfettamente in linea con la Carta che «obbliga lo Stato a proteggere la maternità, l’infanzia e la famiglia» e, di conseguenza, il legislatore a «prendere le misure per tutelare i bambini dalle informazioni, dalla propaganda e dalle campagne che possono danneggiare il loro sviluppo fisico, morale e spirituale».
Ma la questione del rapporto tra identità sessuale e minori non tiene banco solo in Russia. Il tema attraversa il globo e per un legislatore che mira a tutelare i bambini del suo Paese con la forza del codice (anche in fatto di adozioni internazionali), altrove ci sono genitori che si interrogano su come tutelare i propri figli. Quest’altra storia arriva dagli Stati Uniti, ma è di segno opposto. Qui un gruppo di genitori si “arrende” alla confusione sessuale dei propri figli e, di fronte a maschietti di 7-8 anni che si vogliono vestire da principessa, sceglie di non forzarne l’identità di genere in un senso o nell’altro, arrivando a coniare definizioni come «genere creativo», «bambini arcobaleno» o «non convenzionali». Questi genitori si ritrovano in rete per parlare dei propri bambini e, di quando in quando, li fanno anche incontrare perché non si sentano soli. Soprattutto, cercano di metterli al riparo da fenomeni di bullismo, preoccupandosi anche che a finirne vittima non siano i fratelli. Questo tipo di approccio, condivisibile o meno, si basa su una scelta educativa e sembra voglia appellarsi alla categoria del buon senso, per quanto un fenomeno così complesso e delicato consenta.
Tutto l’opposto di quanto avviene, invece, in Italia, dove un gruppo di medici del Careggi di Firenze, poco più di un mese fa, ha lanciato la proposta di bloccare la pubertà dei bambini che presentino una «disforia di genere», definizione medica della confusione sull’identità di genere. Gli indizi per capire se c’è patologia? «Nei bimbi si tratta di capire se giocano ad esempio con le bambole o indossano i vestiti della sorella», ha spiegato Mario Maggio, direttore del reparto di Medicina della sessualità e andrologia, spiegando che si potrebbero usare i farmaci per bloccare la pubertà precoce anche nei casi di «pubertà inadeguata, in modo – ha aggiunto – da indirizzare subito la pubertà verso il sesso che veramente sente il paziente». Il Careggi, quindi, ha chiesto alla Regione Toscana di poter utilizzare quei farmaci in questo senso, spiegando con orgoglio che, in caso di sì, si tratterebbe del primo caso non solo in Italia, ma in tutta l’Europa meridionale. E la Regione? Invece di rispedire al mittente la proposta come un’assurdità, l’assessore alla Sanità Luigi Marroni ha preso tempo, spiegando a caldo al Corriere Fiorentino che è «un argomento delicato, bisogna valutare molto bene e infatti al riguardo si esprimerà anche il comitato bioetico».