Ecco come si finisce dopo la “cura Merkel”: ai bambini greci neppure la vaccinazione. L’Italia stia attenta…
Quando si finisce nelle mani delle banche tedesche e si è accarezzati dalla bontà d’animo della Merkel i risultati si vedono subito: 270mila lavoratori greci guadagnano meno di 500 euro al mese e il sistema sanitario non ha nemmeno i fondi per mandare avanti il programma di vaccinazione dei bambini, figli di genitori che non hanno più l’assistenza. E questo nonostante i bambini non vaccinati – secondo quanto fa notare l’organizzazione umanitaria internazionale Medecins du Monde – si trovino in imminente pericolo di vita e nonostante rischino di venire respinti dalle scuole perché i regolamenti stabiliscono che la frequenza senza le vaccinazioni non è possibile. La disuguaglianza sociale è alle stelle, ma la troika continua ad imporre sacrifici. Alla fine il conto con Bruxelles sarà probabilmente onorato, ma a quell’appuntamento i greci ci arriveranno morti. E l’Italia? Rischia la stessa fine: per onorare il fiscal compact non faremo investimenti e non ridurremo le tasse. Di rigore si può morire, anche se la Merkel continua a fare orecchie da mercante.
Dopo la Grecia, l’Italia è il Paese della zona euro dove il rischio di povertà ed esclusione sociale è più alto: secondo gli ultimi dati Eurostat relativi al 2012, in Italia il 29,9% della popolazione rischia di diventare povero, in Grecia il 34,6%. In Italia nel 2012 il 19,4% della popolazione era a rischio povertà, il 14,5% seriamente privata dei beni materiali, e il 10,3% viveva in una famiglia dove c’era poco lavoro. A rischio di esclusione sociale c’erano 18,2 milioni di persone. Nella zona euro, quelli di Grecia e Italia sono i dati peggiori. Tutto merito della politica dei sacrifici voluta dalla Germania di Angela Merkel, di cui Roma e Atene stanno facendo le spese, anche per effetto dell’incapacità di fare le riforme che sarebbero necessarie. In Spagna, infatti, pur in presenza di gravi difficoltà economiche e con un altissimo tasso di disoccupazione, oggi vedono la ripresa e solo (si fa per dire) il 28,2% della popolazione è a rischio povertà. Qui le riforme hanno funzionato, mentre la Grecia è rimasta asfissiata dalla ricetta della troika (Ue, Fmi e Bce) e l’Italia non ha avuto la forza di sottrarsi ai diktat di Berlino e di coniugare il rigore con lo sviluppo. Ci ha provato Berlusconi, ma dopo la sua defenestrazione effettuata con la congiura dello spread, ci siamo sorbiti Mario Monti ed Enrico Letta, che tendono più ad assumere il ruolo di proconsoli della Merkel che di veri e propri governanti dell’Italia. Così l’economia non parte, nonostante l’ottimismo del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, e da Bruxelles continuano a manifestare insoddisfazione. E non potrebbe essere diversamente: Roma è il terzo contribuente della Ue e, nonostante la crisi, versa più di quanto ottiene. Tiene in piedi, tra l’altro, la Banca centrale europea, che presta i soldi alle banche italiane per garantire il credito alle imprese ma le banche, invece di finanziare l’economia produttiva comprano Bot e Btp per favorire il collocamento del debito e danno questi titoli in garanzia alla stessa Bce. Un percorso pernicioso che non promette nulla di buono e che in Grecia sta portando al collasso.