Il governo nella morsa di chi preme per le riforme e di chi punta allo sfascio. Ma chi trama contro Letta che cosa vuol fare dopo?
E allora, o la maggioranza che sostiene il governo trova in quindici giorni un accordo sulle riforme, a cominciare da quella elettorale, o la fragile impalcatura va in pezzi. Fiducia o non fiducia. L’ultimatum è del ministro Gaetano Quagliariello, condiviso ovviamente dal premier Letta. Di fronte alle possibili maggioranze alternative, ancora più sciagurate di “intese” sempre più strette e dunque impotenti, messe in cantiere per far franare l’esecutivo ed accelerare il ricorso alle elezioni anticipate, si spiega l’uscita di Quagliariello considerando, oltretutto, che il vero attacco mosso al governo, a prescindere da quello scontato del M5S, viene da Forza Italia che sta provando in queste ore ad indurre Matteo Renzi a rompere gli indugi e a passare ai fatti dopo le tante parole dedicate all’esecutivo a suo giudizio immobilista e, dunque, dannoso.
E’ questa allora la nuova strategia delle opposizioni, ed in primo luogo di Forza Italia che ieri ha simbolicamente, per la prima volta, votato con il grillini alla Camera un loro ininfluente emendamento tanto per far capire a Letta – ma soprattutto ad Alfano – che farà di tutto per far cadere il governo, senza però far capire che cosa vorrà fare dopo, a prescindere dalla barzelletta del “governo di scopo” per varare una nuova legge elettorale, tirata fuori da Berlusconi estemporaneamente: l’ex senatore si rende conto che la sua è soltanto una provocazione. Ma non si capisce perché la fa. Se non per marcare ancora una volta la sua pur comprensibile amarezza che tuttavia non produce politica.
A meno che il leader di Forza Italia non voglia (come sospettiamo) far intendere ad Alfano che è lui il suo “nemico principale” e che ce la metterà tutta per distruggerlo. Del resto, tutti coloro i quali lo hanno abbandonato, da Bossi (prima maniera) a Casini, a Follini, a Fini, passando per moltitudini di parlamentari che non si sono più riconosciuti nella sua politica, sono stati bollati come “traditori” e, dunque, messi la bando. Adesso tocca ad Alfano che ha avuto il torto, pur continuando a professarsi “diversamente berlusconiano”, di essersi allontanato dalla casa madre perché non sopportava più un certo atteggiamento prevalente all’interno del Pdl teso alla delegittimazione del governo del quale pure faceva parte.
Vorremmo sapere che cosa ci ha guadagnato Berlusconi uscendo dalla maggioranza e facendosi “movimentista” fino al punto di ipotizzare intese con chiunque tranne che con chi sta saldamente piantato nel centrodestra. E’ l’ennesimo diversivo che certo non giova alla politica italiana che neppure le elezioni (già, ma con quale legge? Da questo interrogativo non si scappa) potrebbero rimettere sui binari giusti.
Forze responsabili penserebbero che nella coscienza degli italiani il bipolarismo si è fatto strada. Dunque, il Parlamento lavori per ricomporlo dopo le sciagurate prove muscolari che i partiti hanno offerto finendo per depotenziarlo. E si voglia o meno, sul tappeto non restano che due opzioni: il ritorno al Mattarellum o il doppio turno di coalizione. Terzium non datur, a meno di non volersi dedicare a pasticci indigeribili. Se poi si volesse completare il quadro, l’elezione diretta del capo dello Stato darebbe al sistema politico ed istituzionale un nuovo volto, ma per questa riforma ci vuole tempo e soprattutto un clima adatto.
Il resto non porta da nessuna parte. Le gherminelle parlamentari sono patetiche e l’interpretazione dell’opposizione in senso distruttivo, alla quale in particolare si sta dedicando Grillo, così come Renzi, utilizzando i più vieti canoni della vecchia politica, non sembra intenzionato da dare un contributo alla stabilità. Rompa pure gli indugi il segretario, se ne ha il coraggio, e ritiri la delegazione del Pd dal governo, poi vediamo che cosa succede nel partito che parla toscano ed ha adottato nel dotarsi della nuova leadership il vecchio, insuperabile, prodigioso Manuale Cencelli. A maggior gloria del rinnovamento, com’è ovvio…